Menia: «Fini pentito dell’addio ad An»

Il presidente della Camera è il suo leader ma Silvio Berlusconi è colui che l’ha portato a Palazzo Chigi. Non facile trovarsi in mezzo, nemmeno un po': «Purtroppo stanno venendo al pettine tutti i nodi che avevo segnalato, contestando la fusione troppo rapida tra Forza Italia e An»
TRIESTE
«Hai ordini per la ciurma?». Roberto Menia alza la cornetta. E, mentre la tempesta infuria e la barca pidiellina vacilla, chiama il suo ”comandante”. Gianfranco Fini risponde, ma niente ordini: «Navighiamo a vista». Il sottosegretario triestino sdrammatizza, ci prova, ma è dura: l’Infinito Duello, quello che l’inopinato fuori onda ha nuovamente inasprito, gli crea «dispiacere» e «imbarazzo». Il presidente della Camera è il suo leader, ma è anche il suo amico di sempre, quello con cui condivide passioni e battaglie politiche, matrimoni, battesimi e immersioni subacque. Silvio Berlusconi, però, è il suo premier ed è quello che l’ha portato a Palazzo Chigi, in un governo «che sta facendo bene». Non facile trovarsi in mezzo, nemmeno un po’: «Purtroppo stanno venendo al pettine tutti i nodi che avevo segnalato, contestando la fusione troppo rapida tra Forza Italia e An». Cosa fatta, però, capo ha: «Il voto anticipato è un’ipotesi folle, danneggerebbe sia l’uno che l’altro, ammazzerebbe il Pdl, e quindi non ci credo».


Menia, dopo la diffusione del fuori onda, ha sentito Fini?

L’ho sentito proprio oggi (ieri, ndr).


Lo sente ogni giorno?

Ci sentiamo, a volte spesso e altre meno. Oggi (ieri, ndr) era impossibile non sentirlo.


Come l’ha trovato? Pentito, preoccupato, sereno?

Assolutamente tranquillo.


Ma ha scatenato il finimondo.

Un finimondo che nasce da parole rubate: non mi pare bello spiare i discorsi riservati di due persone. E poi non è strano che quei discorsi si sentissero così bene?


Strano?

Ho pensato a un microfono direzionale posizionato proprio accanto al presidente della Camera e al magistrato.


Messo apposta?

Non lo so.


Comunque, Fini ha detto cose molto pesanti.

Non molto diverse da quelle già note. Quando pubblicamente ha affermato che il problema del Pdl è il cesarismo, non ha forse espresso lo stesso concetto del fuori onda?


Beh, a Pescara ha aggiunto che il premier confonde consenso e immunità.

In quel passaggio è andato un po’ oltre le righe. Ma chiunque di noi, quando parla in privato, usa toni un po’ diversi che in pubblico.


Fini, però, nemmeno conosceva il procuratore Nicola Trifuoggi.

Non lo conosceva.


Eppure gli ha parlato dei processi del premier.

Nella sostanza ha detto che il potere giudiziario non deve prevaricare quello politico. Ma che non deve accadere nemmeno l’opposto.


E allora perché il premier si è infuriato?

Il terreno è già minato da tempo. E la diffidenza tra Berlusconi e Fini è palese e arcinota.


Non si sopportano ma hanno messo su un partito insieme?

Ci sono fasi diverse in politica come nella vita anche se la diffidenza è di lunga data. Ricordo che, dopo il famoso discorso del predellino, Fini indisse una manifestazione sull’orgoglio di An. Poi, però, cadde Romano Prodi e Berlusconi disse ”o con me o contro di me”...


Fini portò An nel Pdl. Lei, solo, si oppose.

E oggi tutti i nodi stanno venendo al pettine... Io dicevo che una fusione fatta in quel modo e in quei tempi non andava bene. E chiedevo, al posto del partito unico, una federazione che avesse regole comuni e magari posizioni uniche, ma non imponesse lo scioglimento dell’identità e nemmeno l’impostazione cesaristica.


Fini si è pentito?

Mi pare evidente.


Le ha mai detto: ”Roberto, avevi ragione”?

Non rispondo. Dico che, personalmente, mi trovo in una situazione imbarazzante: faccio parte del governo, un governo che si sta comportando molto bene, e sono riconoscente a Berlusconi che mi ha nominato.


Ma Fini è Fini. Siete sempre amici?

Certo. L’amicizia è un valore importantissimo. Dopo di che, quando non sono d’accordo con quello che fa, glielo dico.


Un esempio?

Non sono d’accordo sulla cittadinanza data dopo solo cinque anni. Ma trovo assurdo che la Padania scriva l’imam Fini o il Giornale attacchi il compagno Fini.


Come giudica la campagna del Giornale e di Libero?

Sono molto perplesso sul comportamento dei giornali del centrodestra. Dovremmo imparare a confrontarci più freddamente su idee e proposte. Purtroppo, però, molti alimentano questo clima.


Da una parte e dall’altra?

Certo. Ci sono troppi che chiacchierano troppo.


E i pontieri?

Lavorano in silenzio.


Ma Fini, dopo il fuori onda, telefonerà a Berlusconi?

Trovo abbastanza logico che si riparlino pur nella diffidenza reciproca. E comunque sono convintissimo, nonostante tutti questi marosi, che il governo andrà avanti.


Perché è convintissimo?

Se il governo dovesse cadere oggi per una lite i due, Fini si farebbe sicuramente male, ma se lo farebbe anche Berlusconi. Come si spiegherebbe al Paese un ritorno alle urne? Con una baruffa? Con la paura di un complotto? Eppoi, a solo otto mesi dalla nascita del Pdl, come si giustificherebbe la morte del ”pargolo”?


Il Pdl senza Fini, a suo avviso, fallirebbe?

Mi pare evidente. È per questo che, a mio avviso, il governo continuerà: sarebbe altamente illogico che andasse diversamente.


E i due?

Dovranno imparare a coesistere e a sopportarsi.


Come si spiega la svolta di Fini?

Un mix di esperienze, crescite, incontri, relazioni. Il rapporto con Sarkozy e Aznar o l’esperienza sulla costituzione europea, ad esempio, hanno sicuramente inciso.


Lei apprezza questa svolta?

Non sempre mi ritrovo. Non condivido troppo, ad esempio, la visione molto più laica di un tempo.


Ma Fini continuerà per la sua strada?

Mi pare evidente. Perché dovrebbe cambiare? Ma Fini fa una scommessa sul futuro, sul dopo Berlusconi che si deve aprire in maniera naturale, non traumatica: Gianfranco stesso, quando ha deciso di fondare il Pdl, ha riconosciuto la leadership di Berlusconi.


Molti ex colonnelli di An, a partire da Maurizio Gasparri, sono in rotta con Fini. Come fa a restare amico di entrambi?

L’amicizia è una cosa, la politica è un altra.


Ma perché queste lotte fratricide tra ex aennini esplodono adesso?

Perché nel nostro partito esistevano regole. In teoria avremmo dovuto esportarle nel Pdl ma, come temevo, è avvenuto l’opposto: siamo stati contagiati dall’anarchia di Forza Italia.

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