Menia: «Basta teatrini e beghe personali»

I litiganti richiamati all’ordine: «Non si dà così l’esempio. Il prossimo sindaco? Trieste pensi in grande»
«Zitti, adesso parlo io». Quando Roberto Menia dice così, per chi lo conosce bene, è meglio dargli ascolto. Perché la querelle Lippi-Bandelli non è piaciuta al capo di An - primo uomo di governo postmissino eletto a Trieste - che non lesina bacchettate a entrambi i contendenti.


L’incarico di sottosegretario all’Ambiente la porta spesso lontano da Trieste. Vale il detto «quando il gatto manca i topi ballano»?

Sono considerazioni sue...


Viene da pensarlo.

Non amo le ingerenze. Se a qualcuno viene affidata una responsabilità deve affrontare e risolvere i problemi con le proprie capacità.


Cosa le dà più fastidio della vicenda?

Tengo alla sobrietà e all’esempio. Sono abituato e voglio che il mio partito vada sul giornale per il lavoro e non perché mette in piazza le piccole beghe personali. Il mio è un richiamo ufficiale.


Immagino che ne avrà parlato con gli interessati.

Non rispondo.


L’interpreto come un sì?

Sono loro due a dover trovare la soluzione. Ho sempre considerato il mio partito come una comunità, anche se non sempre è facile andare d’accordo. Ricordo a entrambi che sono lì per svolgere una funzione al servizio della città.


Invece si è trasformata in una resa dei conti.

La banale querelle non mi interessa e voglio che l’ambizione personale dell’uno e dell’altro, legittime, adesso si fermino.


Bandelli ha presentato le dimissioni da assessore. Non teme che questo possa indebolire il centrodestra?

Non mi risultano, altrimenti l’autore me l’avrebbe fatto sapere. La politica è sobrietà e non teatrino. Quando qualcuno vuole dare le dimissioni le dà e basta. In questa disputa è stata tirata in ballo anche Alessia Rosolen: la nomina di assessore regionale e la scelta di mantenere il posto in Consiglio regionale. Ho letto con fastidio certe ricostruzioni e mi piacerebbe conoscere gli ispiratori. Sono stati messi in mezzo fatti personali e l’ho trovato un teatrino squallido. Quando è stata composta la giunta regionale sono stati messi campo i nomi che ritenevo utili in termini di qualità. C’era l’elemento delle «quote rosa» e mi pareva che la Rosolen esprimesse questi requisiti.


Alla fine Lippi non è entrato però in Consiglio regionale.

Fa parte del gioco. È capitato anche a me, quando uno si candida deve metterlo in preventivo.


Le sofferenze di An, alla vigilia della confluenza con Fi nel Pdl, i distinguo in casa del Pd fra ex Ds e Margherita e le scissioni di Rifondazione. Questo mal di politica sembra contagiare i partiti che vengono da lontano.

Sono le logiche e le dinamiche a instaurare equilibri e rapporti di forza. Mi piace quando si discute di temi reali come la poca partecipazione sulla confluenza nel Pdl e il rischio così di favorire la Lega, oppure sul futuro di Trieste.


Lei è contro le ingerenze, però ha sdoganato il trasferimento della statua di Massimiliano in piazza Venezia e fatto anticipare la riqualificazione di piazza della Borsa. Tutte cose che ha eseguito poi Bandelli.

Non ho simpatie asburgiche, ma rispetto all’anti-italiana Sissi il recupero monumentale di Massimiliano si lega perfettamente con la storia di Trieste. Su piazza della Borsa dissi che tutte quelle bancarelle l’avevano ridotta a un suk.


Un richiamo all’ordine?

La città deve assumersi delle responsabilità: vale soprattutto per le scelte industriali e turistiche, al di là degli slogan.


È quello che sostiene il presidente della Fondazione CRTrieste e di AcegasAps, Massimo Paniccia, pronto a sposare il Parco del Mare sulle Rive e il centro congressi a palazzo Carciotti.

Sono perfettamente d’accordo. Su palazzo Carciotti avrei investito un sacco di soldi, magari sacrificando qualche cantiere, ma è chiaro che deve esserci anche una progettualità.


Quello che è mancato per il Salone degli Incanti?

L’ex Pescheria è un buco nell’acqua. Quando ero assessore alla Cultura avevo preso alcuni contatti per farlo entrare nel circuito delle grandi mostre italiane. Mica per ospitare parrucchieri e scatolette di fiammiferi.


Un problema di gestione?

Bisogna fare i conti con i costi. A un fronte mare così bello bisogna accostare qualcosa di caratterizzante per attrarre i turisti. Bisogna ovviamente mettersi d’accorso sul concetto del turismo che non può essere quello delle salsicce.


Porte aperte dunque al Parco del Mare?

Il mare nella sua modernità, oltre alle attività portuali, offre turismo con i congressi, con gli acquari e la subacquea. All’inizio avevo delle perplessità, sollevate anche da Lippi, davanti a un progetto presentato in maniera troppo banale. La vocazione scientifica della città impone di sviluppare più seriamente questo contenitore.


Rimangono invece le polemiche sul tema delle bonifiche.

Faccio parte di un ministero, voglio bene alla mia città e per questo dopo tre governi penso sia ora di mettere la parola fine a questa vicenda.


Come?

Ognuno si prenda le proprie responsabilità. Vale il principio che chi ha inquinato paga, ma lo Stato non è Pantalone. C’è chi ha acquistato quelle aree in buona fede e chi invece sotto prezzo, sapendo cosa aveva acquistato e aspettando che un giorno il valore decuplicasse. Non vedo dove sta il problema se adesso si chiedono 13 euro a metro quadro. Sinceramente sono stufo delle polemiche triestine.


Quelle sul successore del sindaco Dipiazza sembrano dietro l’angolo. In corsa c’è anche Bandelli.

Forse sarò monotono ma a me piace la sobrietà. Riesco a capire l’ambizione non la voglia di apparire a tutti i costi, magari per vedere la propria foto pubblicata sui giornali.


Quali caratteristiche dovrà avere il candidato sindaco?

Questa città deve recuperare abitanti, investimenti, industria... Bisogna guardare oltre i confini di chi ti è più amico o più vicino, pensare in grande perché a Trieste ci sono delle belle teste.


Il nome di Giovanni Ravidà è stato accostato a Paniccia, mentre An sembra proporre l’avvocato Alfredo Antonini?

Ho grande stima di Paniccia, ma non è lui che decide e poi ricordo che è stata la politica a indicarlo alla presidenza di Acegas.


Non ha risposto su Antonini?

È una persona che conosco e stimo molto, ma non so chi mette in giro il suo nome. Il problema è un altro: il mondo della politica triestina deve trovare una sintesi e non perché glielo impone qualcuno.

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