Memobus, l’orrore provato a Birkenau e Auschwitz

Il diario della secondà metà del viaggio: Auschwitz, Birkenau e ritorno tenuto da un centinaio di studenti delle scuole superiori di Gorizia e Trieste.
26 febbraio: «Paura e dolore, fame e freddo, terrore e solitudine. Sono alcuni dei sentimenti che i deportati provarono nei campi di concentramento e di sterminio. L'abbiamo visto con i nostri occhi, sebbene non potremo mai comprendere appieno le loro sofferenze. Visitando i campi di Auschwitz e Birkenau, tutto quello che abbiamo studiato, che abbiamo sentito, che i testimoni ci hanno raccontato, si sono concretizzati in immagini, oggetti e luoghi reali. Le persone che erano diventate un numero hanno acquisito un volto e un nome. Hanno riacquisito l'identità di cui erano stati privati una volta entrati nel campo. Questa è una delle cose che ci ha più colpito: i prigionieri non solo non erano più trattati come esseri umani, ma erano anche privati della propria dignità e umiliati, fin dal momento del loro ingresso nel campo».
27 febbraio. «Ultima mattina a Cracovia. Le valigie nell'atrio, le stanze che si svuotano. Tutti noi, segnati dalla stanchezza e dall'impatto di queste quattro giornate, dense di visite, riflessioni, emozioni, ci raduniamo negli spazi comuni dell'ostello. La storia di Árpád Weisz, ebreo ungherese, allenatore del Bologna dello scudetto che finirà i suoi giorni ad Auschwitz, ci introduce alla tappa finale del progetto Memobus, il confronto, la discussione collettiva sulle emozioni e sensazioni provate durante il percorso. Siamo giunti a questo appuntamento preparati: insieme agli storici ed educatori di Quarantasettezeroquattro abbiamo svolto degli incontri di formazione nei quali erano sorte domande fondamentali, che almeno in parte hanno trovato risposte dopo questi giorni a Cracovia. La maggior parte di noi è stata segnata da sentimenti contrastanti: angoscia e impotenza, ma anche rabbia, delusione, spaesamento. I luoghi attraversati colpiscono l'immaginario - le vetrine con enormi cumuli di capelli, i forni crematori le fatiscenti baracche di Birkenau - ma portano anche a chiederci: "potranno mai riaccadere questi fatti in futuro"? Come ricorda primo Levi: "Se qualcosa è successo allora si può ripetere ancora" soprattutto se non saremo capaci di conservare e tramandare la memoria. L'associazione Quarantasettezeroquattro, proponendoci questo progetto, ci ha lanciato un messaggio chiaro: le nuove generazioni, oltre a ricordare le vittime e le loro storie, possono e devono evitare la ripetizione del passato. In questo senso, il Memobus e le visite che abbiamo appena concluso non rappresentano che l'inizio di un viaggio che deve portarci ad approfondire, leggere, parlare con i testimoni. Per provare a comprendere, malgrado tutto».
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