Melara, prete a rischio sospensione
Cambiano i papi ma nelle sacrestie triestine le polemiche sono più o meno sempre le stesse. Preti contro vescovo. Vescovo contro preti. Quelli “di strada”, a quanto pare. All'indice di Giampaolo Crepaldi stavolta finisce don Pierino Ruffato di San Luca, 71 anni e una vita spesa in parrocchia. Dove qualcuno da un po' di tempo «mescola nel torbido», per usare una definizione in uso in Curia. Che in quel «torbido» vorrebbe far ordine. Don Piero, noto per il suo impegno tra giovani, poveri e disagio in un rione storicamente difficile come quello di Melara, si è opposto alla richiesta dell'arcivescovo di passare a Santa Teresa, in via Manzoni. Il braccio di ferro tra i due dura da settimane.
Il “gran rifiuto” potrebbe comportare addirittura una sospensione “a divinis”, stando a quando si mormora in Curia. E’ l'anticamera della riduzione allo stato laicale: il prete non potrebbe più esercitare il suo ministero e dunque amministrare i sacramenti. Vale a dire, ad esempio, messa e confessione. Un provvedimento drastico di cui, almeno a Trieste, non si ha memoria. Sono voci che non trovano tuttavia conferme ufficiali in Cavana. Un intervento che però, davanti alla disobbedienza ostinata del sacerdote, negli stessi ambienti viene dato per «tecnicamente possibile» ma dal quale la Chiesa tergestina «è ben lontana» dal farlo.
La frattura investe la comunità del posto che ha organizzato una raccolta firme in difesa del prete: sono 1.200 tra parrocchiani, amici, collaboratori e conoscenti che hanno aderito all'iniziativa. Anche l'altro sacerdote, l'ottantenne Giuliano Vattovani, avrebbe dovuto far fagotto e andarsene, probabilmente a Santa Caterina. Ma ora pare che lo spostamento interessi esclusivamente Ruffato. «Vogliamo che entrambi restino perché sono importantissimi per noi qui a Melara, una realtà complicata e fragile», dice uno della zona, che domanda di restare nell'anonimato. Ruffato ha insegnato per anni religione nella scuola rionale, oltre che al liceo Galilei e al Da Vinci, ed è stato dal '77 all'87 direttore del Villaggio del Fanciullo. A San Luca gestisce anche la Caritas ed è uno dei gangli di raccordo nella rete di servizi per il quartiere messa in piedi da Comune, cooperative e Azienda sanitaria.
Non è semplice capirne di più su cosa stia effettivamente accadendo da quelle parti negli ultimi mesi: da quanto tempo si consumano i mal di pancia tra centro e periferia? E il valzer di preti di questi anni c’entra qualcosa? Forse. E forse con quel «torbido» indicato dai piani alti della Curia. In tutto questo don Piero che ruolo ha? Negli uffici di via Cavana chi segue il caso è convinto invece che non ci sia alcuna guerra in corso. Che il fatto sia «inutilmente drammatizzato». Una semplice indicazione del presule, non accolta, che necessita di qualche chiarimento. Tutto qua? A Ruffato avrebbero dato del tempo per riflettere. Dovrebbe saperne di più l'attuale parroco, don Davide Risicato, ma al telefono dribbla le domande con un «non so niente» utile a interrompere rapidamente la conversazione. Click. Clima pesante, evidentemente.
C’è una lettera, indirizzata dal vescovo a don Piero, in cui vengono ventilati provvedimenti «gravi» se il sacerdote non obbedisce. Il don in questi giorni si trova in campo-scuola fuori regione con i giovani e non vuole agitare le acque. Spiega: «La mia valutazione – afferma – è che in Curia c’è poca disponibilità ad ascoltare per provare a comprendere la situazione che si è creata in parrocchia in questi mesi. Sarebbe utile riunirsi tra preti insieme al vescovo. E' una cosa che ho chiesto a Crepaldi nella mia lettera di risposta. Credo che il vescovo dovrebbe parlare con la gente che vive nel rione – esorta don Piero – e non solo con chi va a raccontargli storielle funzionali ad altro...». Poi aggiunge: «Io desidero rimanere avanti a San Luca perché vorrei preservare l'attenzione alle persone. Cioè i poveri e i ragazzi che vengono in chiesa. E per continuare a essere utile affinché non venga distrutto tutto ciò che in tanti anni abbiamo cercato di costruire. Nella lettera che Crepaldi mi ha mandato – fa notare il sacerdote – prima si sottolinea la fiducia nei miei confronti ma poi mi viene subito detto di accettare il trasferimento per obbedienza. Ma se dico di no di nuovo allora ci potrebbero essere conseguenze», racconta. «Io ho risposto che non ritengo davvero sincera la fiducia che mi viene dichiarata, perché - commenta don Piero - altrimenti non avrebbe bisogno di essere seguita da espressioni intimidatorie. Io credo nella condivisione in cui un vescovo ha certamente l'ultima parola, ma non a una richiesta che dipende soltanto dai ruoli».
Il preside dell'istituto comprensivo di Melara, Andrea Avon, non si capacita del motivo di tante tensioni. «Il rione – osserva – un tempo era un bronx e anche grazie a quei preti è diventato un esempio di integrazione sociale che si dovrebbe valorizzare. Il rapporto tra scuola e parrocchia è uno dei capisaldi di questo cambiamento - rileva - ora, invece, con il nuovo parroco don Davide ci sono problemi: con lui non è possibile organizzare il doposcuola per i ragazzi. Si è sempre negato. Non capisco perché proprio dalla diocesi arrivino divisioni e spaccature. Spero che il vescovo sappia farsi portatore del messaggio di integrazione della Chiesa. Rimuovere don Piero va nel senso opposto perché la comunità si disgregherebbe». In Curia non vogliono alzare polveroni. La richiesta di spostare il sacerdote ha «il solo motivo di portare il suo servizio in un'altra parrocchia che ha bisogno», fanno sapere. L'opposizione di don Piero «è comprensibile dal punto di vista umano», ma «un'altra parte della città ha necessità di lui». L'ipotesi di una sospensione “ad divinis” è «campata in aria, non siamo a questi livelli». Mentre un'altra cosa sono i fatti «che sono sotto riserbo per il rispetto delle persone». Ecco quindi l'invito della diocesi «a non drammatizzare il caso».
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