La mediateca Casiraghi di Gorizia si arricchisce: acquisito il fondo Eraldo Sgubin

Presentato dalle figlie del professore il corpus è formato da 542 film, 1900 fotografie, materiali tecnici e pubblicazioni

Alex Pessotto

 

Proseguono le acquisizioni da parte della mediateca Ugo Casiraghi. E dopo quella del Fondo Aulo Rubino, lo scorso dicembre, nei suoi ambienti è stata presentata quella del Fondo Eraldo Sgubin, formato da 542 film (8 mm, Super8, Vhs, MiniDv e Beta), ma anche da 1900 fotografie (tra diapositive e stampe), da vari strumenti tecnici come cineprese, moviole, proiettori e da numerose pubblicazioni.

Si tratta di un’acquisizione che, peraltro, non si può dire ultimata, dato che le due figlie del professor Eraldo, Rosalia e Raffaella, continuano a trovare, tra il lascito del loro papà, materiali che andranno ad impreziosirla ancora. Non è un caso, però, che la presentazione del Fondo sia di questi giorni: l’altro ieri, il professor Eraldo avrebbe compiuto cent’anni; è scomparso nel 2018.

Al centro del corpus c’è la “sua” Cormons, che aveva documentato appunto tramite la fotografia e il cinema, ma anche attraverso la letteratura e la storia popolare. Nel complesso, a quanto affermato dal locale assessore alla Cultura, Anna Bortolotti, «si tratta di una ricchezza inestimabile: non parliamo solo di un archivio, bensì di un dono e di un esempio di passione e dedizione che ci permette di riscoprire e custodire la nostra storia, le nostre tradizioni, i volti e le voci che hanno dato forma alla nostra comunità». All’appuntamento, era anche presente l’assessore a Go!2025 del Comune di Gorizia, Patrizia Artico.

È stato tuttavia il consulente scientifico della mediateca, Silvio Celli, a entrare nei dettagli dell’acquisizione: «Sgubin non è stato soltanto un appassionato della settima arte e un autore di film amatoriali e di famiglia, ma un intellettuale a tutto tondo, una figura che ha innervato con la sua cultura molte realtà del territorio».

Proveniva da una famiglia contadina e il suo percorso era stato interrotto dalla guerra. A lungo, aveva svolto l’attività di dirigente scolastico: “preside”, si sarebbe detto una volta. È alla fine degli anni Cinquanta che comincia a impegnarsi come cineamatore, mantenendosi sempre aggiornato riguardo alle tecnologie che via via si facevano strada.

«Se l’ambiente ideale di Aulo Rubino, viaggiatore infaticabile, era il mondo intero – ha aggiunto Silvio Celli –, quello di Sgubin si poteva concentrare in un raggio di trenta chilometri da casa». E, appunto, la sua casa era Cormons, di cui, nelle sue riprese, si era molto interessato, prestando una cura specifica al paesaggio del monte Quarin. Ecco che nei suoi lavori trovano posto momenti come quelli delle spannocchiature, delle sgranature dei fagioli, delle raccolte delle ciliegie, delle fienagioni e, naturalmente, delle vendemmie, così distanti da quelle di oggi: ne ha ricavato le testimonianze, ne ha tramandato la memoria. Celli l’ha pure definito «un impressionista del cinema, dato che «ha saputo confrontarsi con il Collio in ogni stagione, in ogni situazione di luce».

Peraltro, nel suo lavoro di cineamatore non ha trascurato di affrontare artisti (Zardini, Castellani, Depetris, Canciani, Camaur), scrittori (Zorutti, Zorzut, Macor) e di intervistare personaggi come l’antifascista e partigiano Vanni Padoan e come il popolare telecronista Bruno Pizzul. E, anche in queste scelte, è chiaro il suo legame con il territorio. Vicepresidente per il Goriziano della Società Filologica Friulana, le figlie Raffaella e Rosalia, alla Mediateca, lo hanno ricordato anche con qualche nota di colore, come nel caso della sua attività di vignaiolo e apicultore che, nei mesi freddi, praticava indossando cappotto di cashmere e Borsalino: «Non rinuncio mai alla mia naturale eleganza» diceva. —

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