Mazzette sul Mose, “tsunami” a Venezia

Ondata di 35 arresti eccellenti tra politici, magistrati e funzionari. Cento indagati. Ai domiciliari il sindaco di centrosinistra Orsoni. Chieste le manette per Galan
Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e ora parlamentare Fi
Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e ora parlamentare Fi

L’ondata che travolge Venezia questa volta non è di marea, ma di arresti. Manette eccellenti a politici di primo piano e funzionari pubblici, fatte scattare dai magistrati che da tre anni seguono il sistema di fondi neri, tangenti e false fatture con cui, sostengono, si teneva in piedi il sistema di appalti collegati al Mose, l’opera colossal - 5 miliardi di euro - che entro il 2017 proteggerà la città dalle acque alte. Nella rete delle indagini condotte dalla Guardia di finanza, dopo gli arresti, un anno fa, di Piergiorgio Baita, ex manager della Mantovani, colosso padovano delle costruzioni, e dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, l’ingegnere “padre” del Mose, sono finiti pesci ancora più grossi: il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, vicino al Pd, posto ai domiciliari, l’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso (Forza Italia), il generale in pensione della Gdf Emilio Spaziante, gli ex presidenti del Magistrato alle Acque (emanazione del ministero dei Lavori pubblici) Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. I magistrati hanno disposto il sequestro di beni degli indagati per 40 milioni.

Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni
Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni


Sul fronte politico fanno scalpore due nomi scritti nell’ordinanza del gip Alberto Sacaramuzza: l’ex governatore veneto ed ex ministro Giancarlo Galan, deputato di Forza Italia, da sempre vicino a Silvio Berlusconi, e l’eurodeputata uscente Lia Sartori (Forza Italia). Le richieste di autorizzazione all’arresto sono state inviate alle competenti commissioni parlamentari. Galan, è l’ipotesi dei magistrati, avrebbe ricevuto dal 2005 al 2011 da Mazzacurati, anche tramite Chisso, uno “stipendio” annuo di un milione di euro, a cui sarebbero da aggiungere 1 milione e 800 mila euro complessivi per il rilascio di due pareri favorevoli ai progetti tra il 2006 e il 2008.
A Chisso, assessore in Regione Veneto dal 2000, il governatore Luca Zaia ha ritirato ieri le deleghe: secondo il gip avrebbe ricevuto una cifra annuale «oscillante tra i 200mila e i 250mila euro» dalla fine degli anni Novanta fino ai primi mesi del 2013, per «influire sulle decisioni inerenti il rilascio dei nulla osta da parte delle Commissioni regionali Via e Salvaguardia delle dighe in sasso e accelerarne l’iter di approvazione degli atti di competenze regionale».

Attacca anche il candidato del Pd a sindaco di Padova, Ivo Rossi, con un tweet:


In totale sono 35 le persone raggiunte dai provvedimenti cautelari: 25 in carcere, 10 ai domiciliari. Devono rispondere, a vario titolo, dei reati di corruzione, finanziamento illecito ai partiti, frode fiscale. A loro si aggiunge un esercito di 100 indagati: funzionari pubblici, addetti alle segreterie dei politici, imprenditori grandi e piccoli, dipendenti di aziende e coop che secondo l’accusa accedevano alla “spartizione” degli appalti del Mose accettando il gioco dei fondi neri e delle fatture gonfiate, per pagare politici di centrodestra e centrosinistra. Un sistema del quale, secondo i pm del pool della Direzione distrettuale antimafia di Venezia - Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini - era «grande burattinaio» l’ex capo del Cvn, l’8oenne Giovanni Mazzacurati, che dopo aver ottenuto i domiciliari aveva raccontato tutto alla procura.
Nell’ordinanza il gip non fa sconti neppure ad amministratori e funzionari dello Stato.

Tangenti Mose, arrestato il sindaco di Venezia
Un'immagine del Mose di Venezia

Come l’ex generale Spaziante, i dirigenti del Magistrato delle acque Cuccioletta e Piva, l’assessore Chisso, che «per anni e anni - scrive - hanno asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbero dovuto tutelare agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionate di benefici personali di svariato genere». Solo a Spaziante, per ammorbidire i controlli fiscali sul Consorzio e «influire sui procedimenti penali aperti nei confronti del Consorzio Venezia Nuova», sarebbero stati promessi da Mazzacurati 2,5 milioni di euro, poi ridotti a 500mila, somma che sarebbe stata divisa con l’ex consigliere politico dell’ex ministro Tremonti, Marco Milanese, e con il finanziere vicentino Roberto Meneguzzo, fondatore e ad di Palladio Finanziaria, importante holding socia di Generali. A un altro indagato eccellente, il magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, sarebbe stato garantito uno “stipendio” annuo di 3-400mila euro, «per compiere atti contrari ai suoi doveri».

Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e ora parlamentare Fi
Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e ora parlamentare Fi

L’ondata di arresti è una frustata morale per una regione che ora teme di diventare l’emblema di una nuova Tangentopoli, come ha prefigurato il procuratore aggiunto Carlo Nordio. Lo choc è racchiuso sostanzialmente in due nomi: Galan, che in Veneto ha dettato legge per 15 anni, e ieri è passato al contrattacco - «mi riprometto di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita» - e Orsoni, il sindaco del centrosinistra che a Cà Farsetti era subentrato nel 2010 a Massimo Cacciari. Orsoni, avvocato amministrativista, è accusato di finanziamento illecito per 110mila euro - in tre tranche - ricevuti da aziende che lavoravano per il Mose e avrebbero creato la provvista con false fatturazioni. Un sistema malato che i magistrati hanno passato al setaccio in 711 pagine di ordinanza. Solo la Mantovani, secondo l’accusa, avrebbe creato fondi neri per 20 milioni di euro. In questa terza fase dell’inchiesta, i magistrati hanno scoperto altri 25 milioni di false fatture. Un pozzo nero di cui si fatica a vedere il fondo.
Orsoni aveva commentato con fastidio un anno fa i rumors su di lui dopo i primi arresti: «Non sono io a dovermi preoccupare, ma altri: chi vuole mantenere nascoste le cose. Perché in questa vicenda c’è qualcuno che vuole seminare del fumo». Il riferimento era a un passaggio del rapporto della Gdf in cui il suo nome era l’unico tra i politici non coperto da omissis. Si parlava di Mazzacurati come il promotore «dell’illecito finanziamento» a Orsoni, «a lui legato da amicizia di vecchia data». Finanziamenti, dice l’accusa, che sarebbero serviti per la campagna del 2010, in cui Orsoni sconfisse Renato Brunetta, mantenendo il centrosinistra alla guida di Venezia.
 

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