Maxi arcobaleno anti "Zar" a Ponterosso
TRIESTE. Cosa c’entrano il compositore Cajkovskij e il ballerino Nureyev con il vertice intergovernativo italio-russo di domani a Trieste? Saranno loro i personaggi simbolo della protesta a favore dei diritti umani in programma in piazza Sant’Antonio martedì alle 11. Sull’aria del “Lago dei cigni” le associazioni Arcigay Arcilesbica Fvg, Certi diritti, Iris, Uaar e Jotassassina srotoleranno di fronte alla fontana di Ponterosso una grande bandiera arcobaleno di 100 metri quadrati per contestare le leggi omofobe varate da Mosca. «Politica ed istituzioni non dimentichino ad arte la questione dei diritti umani in Russia a favore dei meri interessi economici», è il messaggio degli organizzatori che per questo gay-pride in salsa giuliana potranno contare sul sostegno dell’ex parlamentare di Rifondazione comunista Vladimir Luxuria. La comunità Lgbt farà sentire la propria voce per sostenere lesbiche, gay e transessuali vittime in Russia di un regime omofobo e transfobico.
«Tutti conoscono Putin – spiega il presidente di Arcigay Trieste e Gorizia Andrea Tamaro -. Forse non tutti sanno che in Russia, soprattutto grazie a lui e alla Chiesa ortodossa, ci sono ora delle leggi lesive della dignità umana. Due ragazze, due ragazzi non possono nemmeno tenersi per mano perché vige il subdolo divieto di “propaganda omosessuale”. Questa legge è ormai presente da mesi in Russia, devo si registra un’enorme crescita delle violenze ai danni di omosessuali. Nel silenzio delle istituzioni». Il timore è che il vento discriminatorio possa varcare i confini della Russia e accrescere l’intolleranza anche all’interno dell’Unione europea.
Chi non scenderà in piazza è Greenpeace. Per evitare di nuocere ai 30 attivisti accusati di pirateria dopo il blitz che nell’Artico aveva portato all’assaltato di una piattaforma petrolifera di Gazprom, l’associazione ambientalista sceglie la via diplomatica. «I nostri ragazzi sono liberi su cauzione e in attesa di processo – osserva il coordinatore triestino Francesco Tominich -. È stato valutato, a livello internazionale, più opportuno non attaccare in maniera frontale per evitare ritorsioni nei loro confronti. Greenpeace fa pressione a livello istituzionale. Nei giorni scorsi è stato chiesto ai sindaci del Friuli Venezia Giulia di sottoscrivere un documento per far capire che a chiedere il ritiro delle accuse non è l’associazione, ma è l’Italia. «Mentre il sindaco di Udine Honsel ha firmato, Cosolini non lo ha fatto», precisa Tominich.
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