Mavia, la medusa “aliena” che vive in Alto Adriatico

Il nome di un’antica regina guerriera per il nuovo genere classificato da un team di Trieste e Pirano. Ma restano dei misteri, come quello delle femmine “scomparse”
Un esemplare del genere di medusa ribattezzato Mavia benovici
Un esemplare del genere di medusa ribattezzato Mavia benovici

TRIESTE. «Ma ci pensate? Una nuova medusa nell'Alto Adriatico. E non una nuova specie, ma addirittura un nuovo genere... In mezzo al Pacifico sarebbe ordinaria amministrazione. Ma trovare qualcosa di nuovo qui da noi, dove gli studi di biologia marina risalgono all'Impero asburgico, ha quasi dell'incredibile». Non nasconde la sua emozione Massimo Avian, docente di zoologia al Dipartimento di scienze della vita dell'Università di Trieste. E insieme la sua soddisfazione, ora che la ricerca sulla nuova medusa condotta con quattro colleghe di Trieste e Pirano è finalmente pronta per la pubblicazione sulla rivista australiana "Invertebrate Systematics".

 

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C'è più di un mistero dietro a questa nuova medusa. Ad esempio: tutti gli esemplari finora trovati sono maschi, a eccezione di una sola femmina. Sappiamo che le meduse alternano una fase sessuale a una fase asessuale (polipo). Ma dove sono finite le femmine? In più, nessuno ha ancora capito da dove è saltata fuori questa medusa. È stata trovata nell'Alto Adriatico, in particolare nel Delta del Po e nella Laguna di Venezia, ma anche lungo le coste istriane e nel Golfo di Trieste. Altri esemplari sono stati raccolti sulle spiagge africane del Senegal. Allora potrebbe essere arrivata nel Mediterraneo dai mari tropicali con l'acqua di zavorra di navi mercantili. Alcune caratteristiche fanno pensare a un organismo che vive a centinaia di metri di profondità, portato in superficie dal gioco delle correnti.

 

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Racconta Avian: «Tutto è cominciato nel settembre 2013, quando Valentina Tirelli e Isabella D'Ambra, biologhe marine dell'Ogs, campionando il pesce durante una crociera di ricerca nel Delta del Po trovarono un gran numero di piccole meduse con ombrello giallo-rossastro del diametro di 5-7 centimetri. Non riuscendo a capire di cosa si trattasse, hanno contattato due colleghe del Laboratorio di biologia marina di Pirano, Alenka Malej e Andreja Ramsak, e poi si sono rivolte a me. Quella medusa assomigliava alla nota Pelagia noctiluca. Ma era qualcosa di diverso: “medusa Frankenstein”, la definimmo».

Intanto un gruppo di esperti dell'Università del Salento di Lecce si era messo al lavoro su esemplari della stessa medusa trovati dalle parti di Chioggia. A metà 2014 pubblicano la loro ricerca, descrivendo la medusa come nuova specie del genere Pelagia. La chiamano Pelagia benovici, in omaggio a Adam Benovic, biologo marino croato da poco scomparso. Partita chiusa? «No - prosegue Avian - perché le differenze morfologiche e genetiche da noi individuate ci avevano fatto pensare di avere in mano qualcosa di più grosso: non una nuova specie di medusa, ma un nuovo genere.

 

 

Così ci siamo dedicati alle caratteristiche genetiche della medusa, ricuperando i dati sulle altre meduse appartenenti alla stessa famiglia, quella dei Pelagiidae. Mese dopo mese la nostra ipotesi è andata rafforzandosi. Ma ci siamo trovati di fronte a critiche e obiezioni. Alla fine abbiamo spedito il paper a un'importante rivista australiana. È il giugno 2015. Un paio di mesi dopo ecco il verdetto: un referee è favorevole alla pubblicazione, l'altro trova dei punti deboli. Nel gennaio di quest'anno rispediamo il lavoro corretto secondo le indicazioni del referee “cattivo” e di nuovo ci arrivano dallo stesso referee critiche chiaramente speciose. Stavolta protestiamo con l'editor della rivista, che alla fine ci dà ragione e a maggio dà luce verde per la pubblicazione».

Ma chi era il referee "cattivo"? Massimo Avian lo scopre qualche mese fa partecipando a Barcellona all'International Jellyfish Bloom Symposium. «Al convegno presento il nostro lavoro, con grande successo. Dopo di noi parla un collega americano, che espone anche le ricerche su un esemplare di medusa trovato nel Senegal, le cui analisi genetiche sono identiche alle nostre. E allora abbiamo capito che il referee “cattivo” era uno dei colleghi-avversari americani, che cercava di ritardare la pubblicazione del nostro lavoro». E il nome della nuova medusa? «L'abbiamo battezzata Mavia benovici. Mavia era il nome latino di una regina guerriera vissuta nell'odierna regione tra Siria e Iraq a cavallo tra il quarto e il quinto secolo. Ma poi ci siamo accorti che Mavia è anche l'acronimo delle iniziali dei nostri nomi: Massimo, Andreja, Valentina, Isabella, Alenka. Che si vuole di più?».

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