Masserizie in Porto Vecchio Boom di iscrizioni alle visite

L’apertura prolungata di una settimana a fronte di oltre 1500 richieste Delbello: «Giusto che gli oggetti restino qui con un’adeguata musealizzazione»
Di Giovanni Tomasin
Lasorte Trieste 11/02/14 - Porto Vecchio, Magazzino 18, Masserizie Esuli, IRCI
Lasorte Trieste 11/02/14 - Porto Vecchio, Magazzino 18, Masserizie Esuli, IRCI

«Qui dormono da quasi settant’anni le masserizie degli esuli. E a dire il vero i loro sonni non sono tanto tranquilli». Il direttore dell’Irci Piero Delbello accoglie con queste parole, sulle scale umide e buie del magazzino 18, il gruppo di visitatori nel primo giorno della settimana dell’apertura organizzata nello stabile del Porto vecchio dall’Irci, che sta ottenendo un successo oltre ogni previsione: ieri mattina le prenotazioni erano circa 1500. Anche per questo, grazie alla concessione dell’Autorità portuale, l’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata ha deciso di prolungare per un’ulteriore settimana le visite guidate al magazzino 18 (prenotazioni: tel. 040.639188 o mail irci@iol.it.).

L’accesso a questo strano edificio, trasformato in una sorta di museo dalla forza della storia, non è dei più semplici: trovandosi all’interno dell’area portuale bisogna presentare i documenti per poter entrare. Va detto che l’attesa contribuisce ad alimentare il senso di anticipazione. In fila per partecipare si trovano persone anziane, gente che l’esodo l’ha vissuto sulla propria pelle, e persone che questa storia la vogliono conoscere: è il caso di due cestisti dell’Acegas (rimandati però ai prossimi giorni per le troppe iscrizioni).

Si arriva davanti al magazzino a bordo di un furgoncino. La facciata spettrale è coperta di rampicanti sgocciolanti di pioggia. È qui che, salite le scale, ci si addentra in un mondo perduto. Volti in bianco e nero fissano il visitatore dai quadri appesi alle pareti della prima sala: coniugi di mezza età, i mariti austeri e baffuti; un marinaio con la divisa bianca della Marina imperial-regia; bambini. «Sono i quadri di famiglia che abbiamo trovato nei magazzini e che abbiamo disposto nell’atrio del magazzino, perché i volti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia ci accompagnino nella visita», spiega Delbello.

Le masserizie degli esuli non sono sempre state nel magazzino 18. La loro prima collocazione era nel 22 e poi, quando questo fu abbattuto, nel 26. Appena a metà degli anni ’90 furono spostate al numero 18. Arrivarono a Trieste da tutta Italia, segno tangibile della diaspora degli esuli provenienti dall’altra sponda adriatica. «Sono oggetti di vita quotidiana che nessuno ritirò perché era morto, o perché non aveva una casa in cui metterli, o perché era emigrato all’estero», spiega Delbello.

Le immagini dei beni abbandonati sono ormai conosciute ai più, ma l’impatto del vederli dal vivo è qualcosa a cui nessuna fotografia può preparare. Cataste di testiere di letti, armadi, una montagna di sedie, libri e quaderni di scuola si cui si possono ancora leggere i temi scritti da un bambino decenni e decenni fa.

È una porta chiusa, il magazzino 18, che basta riaprire per un attimo per ritrovarsi davanti al fantasma del Novecento: «È qui, nel Porto vecchio, che questi oggetti sono diventati parte della nostra storia - dice Delbello ai visitatori -. Penso che sarebbe giusto che restino qui, con un’adeguata musealizzazione. Queste masserizie riflettono in modo unico cos’è stato il nostro esodo. E forse tutti gli esodi».

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