Massaggi hard, quattro cinesi a giudizio

Dieci uomini che hanno frequentato i centri massaggi “Loto” di via Fratelli Fontanot Monfalcone e di via San Maurizio a Trieste, dovranno comparire in aula come testimoni il prossimo 6 novembre. Dovranno raccontare cosa accadeva tra la vasca e il lettino, cosa offrivano le mani delle massaggiatrici e quanto eventualmente pretendevano i gestori, anch’essi cinesi, dei due centri benessere.
È questo il risultato dell’udienza preliminare che ieri si è conclusa con il rinvio a giudizio di quattro cittadini cinesi residenti a Trieste.
Si tratta di un uomo di 29 anni che abita in piazza Garibaldi e che si chiama Wang Yang Yang; e di tre donne di poco più anziane.
Sono tutti accusati di aver agevolato la prostituzione o, in alternativa, di aver sfruttato tre connazionali inducendole a soddisfare le non sopite voglie di un buon numero di maschi nostrani.
Il processo pubblico si aprirà di fronte al Tribunale collegiale e i clienti identificati a Trieste e Monfalcone dagli agenti della Squadra mobile dovranno comparire necessariamente in aula. Se non lo faranno saranno accompagnati coattivamente dai carabinieri. Poi dovranno rispondere alle domande del pubblico ministero Federico Frezza e dei difensori, gli avvocati Lucio Calligaris, William Crivellari e Antonio Santoro.
Tra i dieci testimoni c’è un certo Maurizio L. che mostrava di gradire nell’acqua tiepida l’intervento rilassante di una giovane orientale. «L’ho aiutato - aveva riferito la ragazza agli inquirenti - lui voleva solo quello, come del resto tutti i nostri clienti. Si era sparsa la voce della nostra specialità».
Le riprese video disposte dalla Procura hanno documentato le poche settimane di lavoro dei due centri ”Loto”. L’interruzione dell’attività era stata determinata dall’irruzione degli agenti di polizia.
Secondo i difensori, le massaggiatrici non sono state sfruttate dagli organizzatori dei due centri. Le indagini difensive hanno detto che il cliente appena entrato pagava alla cassa il massaggio richiesto. Se poi gradiva ulteriori interventi manuali, la trattativa e il pagamento erano di totale pertinenza della massaggiatrice.
I gestori ne erano esclusi, almeno in quella fase. La prestazione di una massaggiatrice costava 50 euro. Se, come accade in taluni concerti, il pianoforte doveva essere suonato a quattro mani, e nell’acqua, il prezzo raddoppiava. Questo dettaglio è stato fissato dall’obiettivo indiscreto nascosto sapientemente nel centro massaggi dalla Procura. (c.e.)
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