Mascherine cinesi, in Fvg ritirate migliaia di Fpp2 utilizzate in ospedale
TRIESTE «Queste mascherine, fino a pochi giorni fa, venivano usate nei reparti a Cattinara e al Maggiore. Ora vorremmo che l’Arcs facessero chiarezza e la Procura accertasse se qualcuno ha sbagliato. E soprattutto, d’ora in poi ci vorrebbero dei test sui dispositivi che arrivano in regione, magari da far eseguire nei nostri laboratori universitari». A parlare è la sindacalista Francesca Fratianni della CgilFp di Trieste: è stata lei, dopo essere venuta a conoscenza in anteprima dell’esito del test sulla qualità delle mascherine commissionato dalla trasmissione di Rete4 “Fuori dal coro”, a segnalare all’Asugi il problema.
«Dopo che mi ha contattato una delle giornaliste della trasmissione, ho subito chiamato l’Azienda sanitaria, anche in qualità di responsabile della sicurezza – racconta Fratianni –. Quindi è stata coinvolta l’Arcs che ha disposto il ritiro immediato delle mascherine rimaste. Asugi e Arcs si sono mosse tempestivamente».
Al momento non ci sono indagini aperte dalla Procura di Trieste sulle mascherine Wenzhou Huasai ritirate dall’Azienda regionale di coordinamento per la salute proprio poche ore prima che Rete4 trasmettesse il servizio che evidenziava dubbi sulla loro affidabilità. Secondo l’emittente, sulla vicenda starebbe però già indagando la Procura di Roma.
Arcs ha ricevuto il materiale a marzo, 60 mila pezzi e, come spiega il direttore sanitario Maurizio Andreatti, sono prodotti acquistati dalla Struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri, validati dal Comitato tecnico scientifico e distribuiti su tutto il territorio nazionale. I Dpi non sono oggetto di sequestro e sono ancora indicati dal Cts come validati: «Il ritiro – precisa Andreatti – è fatto secondo il principio della massima prudenza». Non è ancora quantificabile il numero esatto di pezzi distribuiti alle singole aziende del Fvg e quanti ne siano state realmente utilizzati: Asugi aveva tenuto diverse scatole come scorta. Si parla, comunque, di migliaia di mascherine ritirate.
Secondo quanto confermato da alcuni operatori sanitari di Trieste le mascherine erano regolarmente utilizzate fino a pochi giorni fa, ma non in terapia intensiva. Il personale aveva notato da mesi la dicitura “Medical use proibited”, ovvero “proibito l’utilizzo medico”, e ciò aveva destato le prime perplessità, anche se in realtà il problema non è legato a quell’avvertimento scritto sulle scatole: «Da quanto si è appreso – precisa Fratianni –, si tratta di una dicitura standard legata all’inquadramento doganale e che non ne preclude, di fatto, l’impiego ospedaliero». I dubbi, però, erano rimasti e infatti il sindacato Fials Confsal raccogliendo le preoccupazioni degli operatori aveva presentato il 20 e il 23 luglio due richieste di chiarimenti. «Asugi – riferisce il segretario regionale Fabio Pototschnig – aveva risposto che i Dpi forniti ad Arcs vengono vagliati dal Cts. Da quanto appreso, però, la validazione sarebbe stata fatta sulla base dei documenti presentati dall’importatore e non con prove pratiche. A questo punto vogliamo chiarezza sui dispositivi forniti al personale da marzo a oggi e pretendiamo che l’Azienda effettui dei test a campione sui lotti che sulle confezioni non riportano il dato tecnico di conformità». «Premesso che l’Arcs non poteva far altro che fidarsi della validazione del Cts – aggiunge Fratianni –, chiediamo a Regione e Asugi di attivarsi da subito per prevedere dei test di laboratorio sulle mascherine in dotazione. Sarebbe anche un modo per valorizzare la professionalità dei nostri laboratori universitari, oltre a dare maggiori garanzie al personale». —
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