Marzini in pensione dalla Rai: «Che scintille con il Carroccio»

TRIESTE. Parlare di pioniere, non è esagerato. Faceva radiocronache quando ancora la gente non si era resa ben conto dell’esistenza delle emittenti private. Dirigeva notiziari, prima che diventassero “news” e nell’immaginario collettivo c’era solo “il Gazzettino giuliano”. Una manciata di anni dopo commentava il basket in tv ,con tanto di “dirette”, suscitando la meraviglia (e anche un po’ d’invidia...) della stessa emittente di stato.
Adesso, a 59 anni, Giovanni Marzini, caporedattore responsabile della sede del Friuli Venezia Giulia a ha deciso di staccare la spina. Lascia la Rai e va in quiescenza anche se, assicura, «i giornalisti non vanno mai in pensione», lasciando intendere che qualche nuova avventura prima o poi gli capiterà...
Iniziamo dai ricordi: il momento più bello in questi 35 anni di carriera?
Più che bello parlerei di momento della svolta. Era il 2000 e, dopo sei mesi a Roma e un mese e mezzo ad Amsterdam per gli Europei di calcio sembravo destinato alla redazione calcio di Rai Sport...
Sembrava... E invece?
Mi chiamò l’allora direttore Rizzo Nervo e mi disse: torni a Trieste, vai a dirigere la redazione Rai...
Bella soddisfazione...
Sì, ma in realtà anche un po’ di frustrazione. Ero cresciuto con lo sport, la Triestina, il basket più bello e uno dei momenti migliori dell’Udinese, quello dell’era Zaccheroni... Un po’ mi dispaceva...
E il momento più brutto?
Fin troppo facile a dirsi, purtroppo: il 28 gennaio 1994, l’uccisione a Mostar di Marco Luchetta e dei colleghi operatori... Un lutto che ha segnato la redazione e mi ha segnato. Marco più che un collega era un fratello...
A proposito di redazione, che realtà lascia, adesso?
Ci sono stati dei momenti critici, ma ho avuto correttezza e disponibilità da parte di tutti. E credo di aver ridotto anche certe sacche di improduttività.
Il lavoro che ricorda con maggior soddisfazione?
Sicuramente aver lanciato il rotocalco EstOvest. È l’unico esempio in Rai di produzione di una sede locale che va in onda su tutto il territorio. E devo ringraziare l’allora direttore Buttiglione per aver appoggiato l’idea, riconoscendo la storica vocazione internazionale della nostra sede. E poi...
C’è dell’altro?
Senz’altro la nostra tempestività nel caso Englaro, con la nostra giornalista che fu l’unica ammessa nella stanza di Eluana.
Essere al comando in Rai nel Friuli Venezia Giulia, regione di molti campanili, non dev’essere facile...
Non lo è affatto. Ma se i triestini mi telefonavano o fermavano per strada lamentadosi che parlavamo “solo del Friul” i friulani facevano lo stesso sull’altro fronte. Magari significa che abbiamo lavorato bene... Io continuo a dire che il Fvg progredirà quando inzierà a ragionare come un’unica città di un milione e 200mila abitanti...
E i politici? Ci sarà chi l’ha tirato per la giacchetta...
Ho lavorato con quattro presidenti della Regione: Antonione, due volte Tondo, Illy e la Serracchiani e con tutti il rapporto è stato più che corretto. E poi, credetemi, le pressioni sono meno forti di quello che si può pensare...
Beh, ma almeno uno più fastidioso degli altri ci sarà...
Diciamo che ci sono state scintille frequenti con la Provincia di Udine, prima con Strassoldo e poi, soprattutto, con Fontanini...
Tutto appianato?
Ma sì, tutto chiarito. Rispetto la sua friulanità e capisco anche che deve agire in un certo modo...
Dove sta andando la Rai?
Spero si decida a mettere ordine nell’offerta informativa. Assurdo privatizzarla. Ormai col digitale ha 13 canali, bisogna informare la gente 24 su 24, sono passati i tempi dei due o tre notiziari al giorno. Inoltre tutte le redazioni, Fvg compreso, dovrebbero avere un sito Internet aggiornato.
E Trieste e il Friuli. Sono in crisi entrambe...
Trieste deve solo smetterla di vivere nel ricordo di Maria Teresa o dell’autonomia, il Friuli ha le potenzialità per tirarsi fuori dalla crisi .
Ce l’ha almeno un rimpianto?
Sì, non aver completato la rete transfrontaliera, occasione sprecata di sviluppo tecnico-professionale.
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