Marta sui tubi a Onde Mediterraee «Noi? Puntiamo tutto sul numero 5»

MONFALCONE. Ci sono indizi che vanno colti al volo. E così, quando i Marta sui tubi si sono trovati ancora in cinque, al primo lustro di attività e al quinto album discografico non hanno potuto fare a meno di infilare questo numero nell’ultimo lavoro, che oggi stanno portando in tour per tutt’Italia, isole comprese. Del resto, è stato davvero un anno bollente per i Marta, formazione folk-rock. Un nuovo disco, “Cinque, la Luna e le Spine” appunto, Sanremo e le partecipazioni ad alta visibilità alla trasmissione “Che tempo che fa” e al Concertone del Primo Maggio. Inarrestabile, la band non si concede pause neanche d’estate e domani, nell’ambito di Onde Mediterranee a Monfalcone, farà tappa in piazza della Repubblica alle 22.30. A spiegare, il concept dell'ultimo album è il cantante Giovanni Gulino: «Oltre a essere un numero a noi caro e ricorrente, il 5 rimanda anche al quinto comandamento: “Non uccidere”. Il comandamento più importante, senza il quale gli altri 9 avrebbero poco senso».
Qual è la linea rossa che lega le canzoni dell'ultimo disco?
«Uno dei temi ricorrenti nei brani che stiamo, con successo, portando in giro per l’Italia con un furgone, nella nostra tournée estiva, è il senso di colpa, declinato in diverse sfumature in ogni brano. Ma anche il desiderio di superarlo».
E poi c’è il numero 5, per voi quasi un talismano...
«Sì, questo è il quinto anno della nostra formazione a cinque. Coi Marta iniziammo dieci anni fa a suonare. Prima come duo e poi allargandoci a trio e quartetto. Dal 2008 ci siamo “stabilizzati” e il cinque segna questa casualità di elementi».
La luna e le spine, invece, cosa rappresentano?
«La luna e le atmosfere oniriche contenute in questo disco, il più sperimentale, incarnano il mondo dei desideri e delle speranze. Le spine, invece, gli ostacoli che si trovano sul cammino prima di raggiungere i propri obiettivi».
Cinque è un numero dispari, come il titolo di una vostra canzone che denuncia la solitudine della società multi-connessa...
«Sì, la partecipazione massiva, la condivisione di notizie, articoli, status è un’operazione che investe l’individuo quando si trova a essere tanto solo. Si sta perdendo la socializzazione vera, che va oltre i social-network. Per esempio oggi, quando ti piace una ragazza, non l’aspetti sotto casa o cerchi di conoscere le sue amicizie: la prima cosa che fai è andare a leggere il suo profilo per poi contattarla attraverso quel mondo. L’approccio è cambiato moltissimo, ci si presenta con un campionario multimediale di noi stessi: una roba che faccio ancora fatica a comprendere. Non mi piace essere schiavo, venire risucchiato in quel vortice e sentirmi in dovere di rispondere a tutti o presente sul web in ogni momento».
Si può sempre spegnere il computer.
«È strano, ma se poi dici di non essere iscritto a Facebook o ad altri social-media, vieni guardato come un marziano. Eppure on-line ti manca una dimensione fondamentale, che è quella del poter toccare una persona, guardarla in faccia, sentire la sua voce. Il web non supererà mai questo handicap».
Se le dico Sanremo cosa le viene in mente?
«Siamo andati lì con lo spirito di volerci divertire, consapevoli del fatto che non avremmo vinto uno “scudetto”. Ma è stata una grossa opportunità per farci conoscere al grande pubblico. Ci siamo sempre autoprodotti, non abbiamo avuto spinte grosse da case discografiche, radio. Quello che abbiamo costruito è stato il frutto del nostro farci avanti giorno dopo giorno in una sorta di porta a porta musicale. È stata una fortuna, dunque, che alla selezione i nostri brani siano piaciuti, anche a scapito di qualcun altro, magari più bravo di noi. Ma si sa, la ruota gira».
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