Marittimi in “ostaggio” sulla nave Al Filk sotto sequestro a Monfalcone: caso in mano al sindacato mondiale

L’ispettore Itf Siligato sulla nave dal record di irregolarità: «Gasolio e viveri scarsi. Grande stress a bordo». Sette gli uomini rimasti bloccati
Tiziana Carpinelli
La Al Filk detenuta da febbraio
La Al Filk detenuta da febbraio

MONFALCONE. Le stanno pagando loro, i marittimi, le numerosissime deficienze – ben 61, in sostanza un record nazionale, per gli esperti – riscontrate a bordo della portacontainer Al Filk, 4.388 tonnellate di stazza lorda, battente bandiera della Tanzania, detenuta dall’8 febbraio a Portorosega a seguito delle irregolarità riscontrate dal personale qualificato nell’attività di Port State control della Direzione marittima di Trieste. La situazione vissuta, lo denuncia Paolo Siligato (Filt-Cgil), ispettore Itf, il sindacato internazionale dei marittimi, «è di grande stress».

Paolo Siligato Ispettore dell’itf, l’International Transport Workers Federation
Paolo Siligato Ispettore dell’itf, l’International Transport Workers Federation

Sette i marinai rimasti a bordo

I sette uomini rimasti, compreso il primo ufficiale siriano che ha assunto le funzioni di comandante, dopo che il primo master egiziano ha levato le ancore con visto concesso dall’armatore turco (ma senza veder corrisposto stipendio e volo di rientro) e il secondo libico s’è invece reso irreperibile, non possono muoversi: né andare a casa né salpare. Hanno «scarsi viveri e rischiato una settimana fa di rimanere anche senz’acqua – sempre Siligato –, in più hanno un’autonomia di gasolio di 10 giorni e possono lavarsi o accendere una luce solo grazie all’energia erogata dal generatore di emergenza ausiliario: consuma meno carburante rispetto a quello generale, ma è già capitato saltasse». Oltre un mese fa è capitato, come ha riferito l’equipaggio a Siligato, da febbraio investito della faccenda, «che a seguito delle tensioni legate alla scarsità di viveri il cuoco, sentendosi “braccato” dai marittimi, si barricasse in cambusa con gli utensili del mestiere, lame comprese». Episodio poi stemperato, ma indice del disagio vissuto dall’equipaggio superstite.

Detenzione e fermo amministrativo

Oltre alla detenzione, vero e proprio “fermo amministrativo”, sulla Al Filk da oltre un quadrimestre ormeggiata all’accosto 3 del porto, pende anche un sequestro giudiziario disposto dalla Procura di Gorizia, scaturito, in parte predominante, dalla non conformità rilevata su alcuni documenti. Sicché una ricomposizione celere della questione non è al momento ipotizzabile. E ciò preoccupa. «Nel frattempo – sempre il referente di Ift – i marittimi non sono pagati e c’è chi risulta a bordo, come il direttore di macchina libanese, da 15 mesi ormai. E vive condizioni di stress acuto».

Nave abbandonata

Ai sensi della Convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (Mlc), una nave si considera abbandonata se l’armatore non riesce a coprire il costo del rimpatrio del marittimo oppure se lo lascia senza il necessario supporto o senza paga per un periodo non inferiore ai due mesi. Tutte circostanze qui presenti, rileva Siligato, che tramite l’ufficio di Londra del sindacato ha trasmesso l’avvio di procedura all’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, attraverso l’Imo, International maritime organization. Presupposto per «ottenere la possibilità di coprire gli stipendi arretrati e il volo per il rimpatrio dalla polizza assicurativa». Ma cos’è successo? «L’assicurazione con sede a Spokane, nello Stato di Washington – replica Siligato –, a due precise comunicazioni non ha risposto. Così ho chiesto a un ispettore dell’Itf di Seattle di avviare delle ricerche ed è emerso che all’indirizzo indicato dalla polizza corrispondeva una chiesa battista, mentre il Cap era del Texas e la società assicurativa non risultava neppure registrata». Indagini “private”, non ufficiali, ma che, segnalate alla Capitaneria di Trieste, hanno evidentemente investito la Polizia giudiziaria e fatto aprire il fascicolo a Gorizia. Altra conseguenza: «Non s’è potuto quindi rimpatriare chi andava rimpatriato». Alcuni membri dell’equipaggio sono stati avvicendati dall’armatore turco, che ne ha inviati poi quattro nuovi: figure specializzate, con patentino, spiega Siligato, tecnicamente “oiler” e “ab”.

Marittimi al primo imbarco

«Ma dai confronti con l’equipaggio – sempre l’ispettore Ift – è emerso che questo quartetto di marittimi, georgiani, era al primo imbarco, tecnicamente una cosa impossibile perché non si può avere un “patentino” di quel tipo alla prima esperienza. È come dire che ho la licenza per guidare un camion senza andare alla scuola guida». Un’altra stranezza, tralasciando il fatto che solo uno su quattro masticava l’inglese. L’ultima novità riguarda il possibile subentro di un nuovo armatore: «Ma è possibile con un sequestro giudiziario in piedi?», domanda Siligato. In definitiva l’Itf chiede che chi è preposto si faccia carico delle condizioni dei marittimi, intenzionati a chiudere al più presto questa brutta esperienza. È, si passi la metafora, un Sos

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