Mario, a 90 anni in vasca alla Bianchi per nuovi record

«In acqua ci sto bene, in fin dei conti è il nostro elemento naturale: quando siamo nella pancia della mamma siamo in acqua». Mario De Giampietro, 90 anni, è tornato nella “sua” Trieste per i Campionati italiani Master per raccogliere altri record nel nuoto a rana. Spiega così, semplicemente, la passione che l’ha portato dopo la pensione, dal 1981, a dedicarsi all’agonismo.
«Quando, dal 1950, facevo il manager per la Mobil Oil a Bologna e in giro per l’Italia e l’Europa - racconta - non avevo tempo per dedicarmi completamente al nuoto, che ho subito condiviso con mia moglie. Ma ogni “pozzanghera” era buona per fare qualche bracciata: mare, laghi, fiumi». Conversando, De Giampietro intercala un accento tra il lombardo e il romagnolo, aggiungendo frasi in dialetto triestino. E triestino, anzi mitteleuropeo, si definisce. Ne ha ben donde: i suoi genitori erano entrambi triestini, il nonno materno era un ufficiale di polizia dell’Impero austroungarico, il padre un ufficiale. «Pensare - ricorda - che quando la mia famiglia si trasferì a Milano, a me, che avevo cinque anni, fecero frequentare una scuola di suore tedesche, per affinare la lingua». Circostanza che gli risultò utile dapprima per trovare lavoro, a 19 anni, in una ditta di import-export, poi per cavarsela, e alla grande, nel turbinio della Seconda guerra mondiale, affrontando peripezie incredibili ai nostri giorni. «Milano prima della guerra era già internazionale, avevamo 15-20 uffici in città dell’Oriente e io curavo corrispondenza e comunicazioni» continua “Marione”, come lo chiamano gli amici del suo club, la Polisportiva Garden di Rimini. Nel 1942 la chiamata alle armi, in Marina: quasi una premonizione. Dopo l’8 Settembre De Giampietro a La Spezia viene catturato dai tedeschi e portato in Francia. Inizia una serie di peregrinazioni, sempre con l’obiettivo di ritornare in Italia. «Se non sei mona, te la cavi» commenta con molta modestia ricordando quegli anni turbinosi. Accetta di proporsi per la Marina repubblichina pur di avvicinarsi allo Stivale; è destinato al lavoro coatto in Germania; collabora con i “liberatori”, i militari statunitensi, fino a diventare un loro impiegato a Fulda, in Assia. «Non ho creduto nel Ventennio - spiega - quando al Sabato fascista iniziai a nuotare, e neppure a quelli che sono seguiti. Ho creduto sempre e solo nel lavoro e in me stesso». E come il duro lavoro, anche per soprammercato, gli aveva garantito insieme alla grande prontezza di spirito una sopravvivenza più che decorosa in prigionia, così la laboriosità gli permette di fare carriera alla Mobil Italia. Dopo essere finalmente ritornato in Italia facendosi dare un passaggio sulla sua Jeep da un ufficiale polacco che recuperava il fratello, pure lui ex prigioniero dei tedeschi.
«Da tanti anni abito a Rimini - aggiunge - e mi alleno in piscina tre volte la settimana: un chilometro». Frantumando record su record, anche perché ormai a volte, come a Trieste dove ha pure ritoccato il primato personale sui 200 rana, si trova a gareggiare da solo nella sua categoria. «Ai Mondiali dell’anno scorso rientravo ancora nella fascia degli 85-89 anni - si rammarica però sorridendo - e sono stato battuto da un ceco e da un tedesco. Ma avevano quattro anni meno di me!». Per Giampietro l’importante è «cavalcare gli eventi, non subirli». Così, dopo una spalla fratturata in un incidente d’auto alcuni anni fa, ha abbandonato lo stile libero per la rana, ma non verve e velleità di vittoria. «Che el se neghi» apostrofa in risposta al tradizionale «in bocca al lupo!».
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