Margelletti: «Il terrorismo molecolare fa proseliti su Internet»

Nelle città europee il pericolo arriva da lupi solitari pronti a immolarsi per la Jihad. Il fallito golpe in Turchia? «È una guerra di potere»
Andrea Margelletti è presidente del Cesi ( Centro Studi Internazionali)
Andrea Margelletti è presidente del Cesi ( Centro Studi Internazionali)

TRIESTE. Un'onda di instabilità investe un'Europa che fatica a rispondere alle sfide interne, atti terroristici come quello di Nizza, come a quelle esterne, la gestione della crisi mediorientale e i difficili rapporti con la Turchia. È un quadro complesso quello delineato dal presidente del Centro studi internazionali Andrea Margelletti.

Margelletti, secondo le testimonianze di chi lo conosceva l'attentatore di Nizza non era noto per la sua militanza islamista. Non è nulla di nuovo, perlomeno per chi si occupa di queste tematiche. Fenomeni del genere li conosciamo da quindici anni: il capo dei commandos dell'Undici settembre, Mohammed Atta, prima dell'attentato spese quantità rilevanti di dollari in alcol e video pornografici. Certo non aveva il profilo del devoto, più che altro quello del bon vivant.

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L'identikit del potenziale attentatore, quindi, è molto difficile. Bisogna tenere in conto diverse realtà. Una cosa è chi fa il miliziano nei territori direttamente controllati dai movimenti radicali, come può essere oggi la parte di Iraq e Siria dominata dall'Isis. Una cosa diversa è chi opera in Europa.

Ovvero? Il primo punto è che sono tutti europei. Lo sono per nascita oppure lo sono diventati. Si dividono a loro volta in due categorie: ci sono cellule che si formano spontaneamente e agiscono a un livello strategico. E poi c'è questa sorta di spontaneismo ideologico. In ogni caso la vera arena di combattimento è la Rete.

Il principale mezzo di indottrinamento. Sì. Ora non è più così facile spostarsi e andare ad addestrarsi nei paesi dove si combatte per poi tornare in Europa. Si finisce facilmente nel mirino dei servizi. Attraverso la Rete si può arrivare a sentirsi parte di una realtà distante, anche se non la si conosce davvero, e agire di conseguenza.

Come si combatte un fenomeno così nebuloso? Dipende. Nel caso di cellule organizzate è relativamente più facile: essendo composte da più persone che comunicano tra loro, è più facile penetrare nelle maglie dell'organizzazione. Più complessa è la realtà del lupo solitario, del singolo individuo che decide di compiere un gesto eclatante.

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I servizi francesi hanno dimostrato tutte le loro difficoltà nell'ultimo anno..  C'è un problema di comunicazione. Non si situa a livello internazionale: la collaborazione tra servizi dei vari paesi c'è e funziona perfettamente. Sono gli organi interni a ogni stato europeo a comunicare poco. I servizi non parlano con la polizia e così via. È però bene chiarire che in Italia questa sordità non c'è.

È per questo che i nostri servizi di sicurezza finora si sono dimostrati così efficienti? Da noi c'è un ottimo coordinamento tra forze di polizia e di intelligence: esiste infatti un tavolo permanente che si chi chiama Casa, comitato di analisi strategica antiterrorismo.

Un frutto della lotta al terrorismo? No, è un'eredità recente dell'Undici settembre. Vi siedono i rappresentanti dell'antiterrorismo della polizia e dei servizi segreti, scambiandosi quotidianamente le informazioni. C'è solo in Italia, tant'è che è studiato in tutto il mondo. Ma c'è anche un altro aspetto.

Quale? Dopo Charlie Hebdo, i carabinieri hanno rilevato che per un normale agente è difficile affrontare terroristi con fucili d'assalto. Hanno quindi fondato due realtà, Api e Sos, che integrano a livello locale le capacità speciali del Gis.

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Nizza dimostra che nel mirino non ci sono più solo i luoghi simbolo. L'obiettivo sensibile ormai è la popolazione. Può succedere ovunque.

Cosa possono fare le comunità islamiche locali? In Italia le comunità hanno rapporti più che eccellenti con le realtà investigative e sono fondamentali nel limitare il fenomeno. I primi campanelli di allarme sono loro. Il problema è che non tutti i terroristi vanno in moschea a sbandierare i loro progetti.

Il golpe in Turchia è seguito agli attentati di Istanbul. Ma la dinamica è diversa, riguarda più il potere che la sicurezza. Funziona così per tutti i golpe.

Ankara è un partner difficile. Sono dell'idea che sia stato un disastro non far entrare la Turchia al tempo nell'Ue. Non ora, anni fa. Non abbiamo voluto i turchi e loro riscoprono adesso la loro vocazione imperiale nel Medio oriente.

L'Europa non sa come prenderli. Anche le reazioni al golpe sono state incerte. Ma di quale Europa parliamo? Non c'è una politica estera europea, non ci sono gli Stati uniti d'Europa. L'Europa non esiste.

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