Mare sempre più povero per colpa di chi vuole solo pesce “nobile”
Molte sono le specie ittiche a rischio, per colpa della pesca intensiva e della poca informazione.
Manca poco al crollo della produzione ittica nel Mediterraneo: il momento della crisi irreversibile dovrebbe arrivare nel 2048, fra meno di 34 anni.
Delle oltre 700 specie di pesci commestibili solo il dieci per cento ha accesso ai mercati ittici del nostro Paese: tutto ciò avviene per la responsabilità della popolazione italiana, spesso viziata a livello alimentare. Queste scelte gastronomiche difficili da estirpare rappresentano uno dei fattori che giocano a favore dell’estinzione di alcune specie.
L’ignoranza dei consumatori dunque, che chiedono sempre gli stessi pesci scartando quelli che non conoscono, è alla base del progressivo crollo della produzione. In sintesi fa la da padrone.
La diffidenza coinvolge anche il pesce azzurro: alici (da noi “sardoni”), sgombri e sardine sono abbondanti nel mar Mediterraneo. Inoltre, queste specie contengono molti grassi omega3, una sostanza che secondo gli studi dell’ Associazione nazionale medici cardiologici ospedalieri è importante per la diminuzione del rischio di ictus e infarto tanto da essere diventata una importante sostanza per la creazione di farmaci e integratori alimentari. Anche altre specie sono viste con gli stessi occhi sospettosi pur avendo carni delicate e saporite: lo scorfano, la mormora e il tordo sono discriminati per il loro alto numero di spine.
Un’altra causa della crisi è collegata alla pesca intensiva delle specie più ricercate; difatti la maggior parte dei pescatori professionisti si ostina a portare sui banchi delle pescherie pesci inferiori alla taglia minima consentita dalla legge o pesci in fase di riproduzione, danneggiandone la proliferazione, stroncando la vita dei piccoli perché più facili da vendere degli adulti che essendo di grossa o media taglia sono meno richiesti.
Un altro importante fattore determinante è quello dell’inquinamento dato dallo scarico di sostanze inquinanti nei fiumi che a loro volta le trascinano fino ai mari: oppure il petrolio rilasciato dalle navi nelle acque marine che forma enormi macchie difficili da bonificare. Ma non solo, anche l’immondizia gettata nei mari uccide i pesci, gli uccelli e anche l’uomo. Infatti, alcuni animali marini mangiano i rifiuti prodotti dagli esseri umani, e spesso sono gli stessi pesci che poi ci troviamo sulla tavola.
Al complesso si aggiungono i problemi globali come l’acidificazione dei mari a causa dell’ aumento di anidride carbonica nell’aria, l’innalzamento delle temperature che portano alcune specie ittiche a migrare in mari più freddi e all’insediamento di pesci alloctoni, spesso pericolosi per i nostri ecosistemi.
Tutto ciò contribuisce alla morte di moltissimi pesci per intossicazione e quindi esaltando l’estinzione di molteplici specie marine.
Fortunatamente però c’è chi sta cercando di sensibilizzare le persone ad un consumo delle specie ittiche più sconosciute. Ad esempio in Liguria, nel luglio del 2013, è stato promosso un progetto che punta a promuovere il pescato locale. “Pescato nel mar ligure“ è il nome dell’iniziativa che vuole sensibilizzare le persone all’acquisto dei pesci pescati in Liguria e delle specie dimenticate.
In conclusione per salvare il mare italiano c’è bisogno di controlli più severi per i professionisti da parte delle autorità competenti, ma soprattutto il buon senso dell’uomo, che deve rivelarsi meno egoista e più interessato a tutelare le proprie risorse in modo da non finire con il piangere sul latte versato, valorizzando una pesca selettiva e controllata ed evitando di prelevare elementi non ancora pronti ad essere posti sul mercato.
Simone Fazzolari
Classe IV C
Istituto tecnico per geometri
Max Fabiani
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