«Mano dei clan dal Veneto verso Trieste»: il richiamo dell’Osservatorio Antimafia

«Gli interessi in regione e in città per le grandi opere sono il frutto di un patto criminale con le consorterie nazionali»
Lasorte Trieste 02/01/18 - Via Rio Primario, Depositi Costieri
Lasorte Trieste 02/01/18 - Via Rio Primario, Depositi Costieri

TRIESTE ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra corona. Con interessi dappertutto: dagli appalti al traffico di armi e droga, dagli investimenti in porto e nelle grandi opere fino alla prostituzione. «Stiamo registrando un sempre più incisivo coinvolgimento nel territorio di attività criminali di stampo mafioso provenienti dal confinante Veneto, dove è maggiormente radicata la presenza di tali consorterie», spiega il coordinatore dell’Osservatorio regionale Antimafia Michele Penta. Il suo è un altro richiamo, l’ennesimo, sulle infiltrazioni in regione e a Trieste. Penta insiste poi su altre tematiche: quelle legate al sistema dei subappalti, all’usura e al riciclaggio di denaro, oltre al fenomeno delle mafie transfrontaliere. Il coordinatore dell’Osservatorio Antimafia ricorda nell’occasione come la stessa Dia, la Direzione investigativa Antimafia, nella relazione sul primo semestre del 2019 in merito ai possibili interessi criminali in Fvg, di recente abbia fatto riferimento alla collocazione geografica del territorio, considerata strategica, e agli ingenti investimenti per le grandi opere infrastrutturali. Investimenti che rendono Trieste e il resto della regione «appetibili per i sodalizi in possesso di ingenti capitali».

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La Depositi Costieri


L’ultimo report citava proprio i progetti di espansione del porto e il rafforzamento ferroviario connesso, la costruzione della Piattaforma logistica, la riqualificazione del Porto vecchio, la cantieristica navale e i lavori per la Terza corsia, già nel mirino in questi anni.

D’altronde la vicenda scoppiata a fine 2017, vale a dire la compravendita della Depositi Costieri Trieste spa, aveva confermato i timori: l’impresa, specializzata nel rifornimento di carburante, era finita nella morsa del riciclaggio. E gli amministratori che avevano acquisito l’azienda erano tutti pregiudicati, contigui al clan Veneruso di Volla. Avevano acquistato la società con i soldi della camorra.

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Ma il campo di interessi della criminalità organizzata, restando nell’area giuliana, si estende ad esempio al contrabbando di sigarette: un anno fa la Guardia di finanza aveva sequestrato sei tonnellate di tabacchi occultati in un container transitato in porto.

La presenza in regione di individui e nuclei familiari riconducibili alla criminalità è ormai storica. E spazia nel riciclaggio, nel traffico di stupefacenti, nel mercato nero delle armi, nei prodotti petroliferi. Non mancano le truffe, le frodi fiscali, le estorsioni. E, ancora, gli interessi sui flussi migratori e sulla tratta delle donne da avviare alla prostituzione. Affari prevalentemente gestiti da sodalizi criminali transnazionali e spesso in “subappalto”.

«Il sospetto – sottolinea ancora Penta – è che una tale e consolidata presenza sia il frutto di un patto criminale con le consorterie nazionali di stampo mafioso, una sorta di appalto non certo gratuito».

«Parte delle operazioni più significative delle forze dell’ordine – evidenzia sempre il coordinatore dell’Osservatorio Antimafia – sono nate da indagini sviluppate in Veneto. ’Ndrangheta e Camorra sono le organizzazioni più attive, ma non mancano di certo Cosa nostra e Sacra corona unita». Per contrastare il fenomeno, rimarca l’Osservatorio, serve anche una continua interlocuzione con i responsabili delle categorie industriali e commerciali, nonché con i rappresentanti degli uffici regionali, in modo verificare la solidità delle difese poste in atto.—


 

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