Manager malata al meeting in azienda, scatta lo screening per 125 operai a Ronchi
RONCHi Un tampone positivo fa scattare la procedura per lo screening e l’attivazione del protocollo di sicurezza sanitaria anche a Ronchi dei Legionari, all’interno dello stabilimento industriale della Roen Est spa, polo di riferimento per la progettazione e produzione di scambiatori di calore, dal 1983 insediato al civico 4 di via dell’Industria e con un’altra sede in Slovacchia. Nessun contagio tra gli operai, 125 gli occupati. Mentre i 38 amministrativi sono stati prudenziamente collocati in smart working (alcuni a rotazione lo erano già) in attesa degli ultimi test. Si è trattato infatti di una positività asintomatica “esterna”, di una figura dirigenziale proveniente dalla Germania, una donna, giunta lunedì nella cittadina per una tre giorni di vertici aziendali e poi ripartita da sola in macchina diretta al luogo di residenza (Monaco di Baviera), con il via libera dell’Azienda sanitaria e pure della Prefettura, cui in via cautelativa l’amministratore delegato del gruppo, Giovanni Bordin, si è rivolto.
Il meeting vedeva la presenza di dirigenti da Veneto e Milano, tutti arrivati alla fabbrica ronchese già con esito negativo del tampone anti Covid-19 in pugno. Siccome era prevista anche la partecipazione di figure apicali da Germania e Francia l’ad aveva previsto per queste lo svolgimento del test all’arrivo: allertato il medico di fabbrica si sono infatti effettuati quattro tamponi il giorno stesso, lunedì. «Ovviamente nessuno presentava sintomi e tutti stavano benissimo, infatti l’unica persona, il giorno seguente, risultata positiva è asintomatica e tuttora versa in ottime condizioni di salute», precisa l’ad Bordin, che alla notizia ha avviato ogni procedura prevista dal protocollo affinato dal gruppo. Azienda che si fregia d’aver avviato lo smart working tra i dipendenti una settimana prima che scattasse, a marzo, il lockdown. La Roen, eccezion fatta per uno stop di 2 settimane, non si è mai fermata.
«Proprio perché da subito abbiamo valutato tutte le migliori condizioni per la sicurezza – spiega Bordin – in questo frangente ci eravamo organizzati, prima ancora della positività rilevata, con incontri tra dirigenti in piccoli gruppi e di poche persone, peraltro in diversi spazi fisici, con la disponibilità annessa di uffici a uso individuale. Questo, in un ambiente costantemente ventilato, caratterizzato da adeguato distanziamento sociale e uso capillare di mascherine è stato decisivo». Cruciale pure la separazione logistica e visiva, attraverso segnaletica dedicata, dell’area impiegatizia da quella operaia, infatti i 125 dipendenti (mai venuti a contatto con alcuna delle figure presenti alle riunioni) proseguono nela produzione in questi giorni.
«Proprio per le caratteristiche dei luoghi e delle misure adottate in azienda – prosegue l’ad – il Dipartimento di profilassi con cui siamo immediatamente entrati in contatto per riferire la situazione e i nomi delle persone per il successivo tracciamento ha positivamente valutato i provvedimenti assunti, ritenendo necessario, per puro scrupolo, applicare l’isolamento fiduciario e sottoporre a tampone, tre o quattro giorni dopo l’esito positivo di martedì, solo ed esclusivamente le cinque persone che più potrebbero essere entrate in contatto ravvicinato con la donna. Cioè quanti hanno condiviso un pasto con lei, fortunatamente avvenuto quel giorno in un locale all’aperto e dunque a maggior ragione senza alcun rischio per terzi e, con ogni probabilità, per loro stessi». L’inizio della settimana era infatti ancora caratterizzato da temperature elevate. Si tratta di tre persone del Veneto e due della nostra zona. Per tutte le altre quel giorno in fabbrica non è stato suggerito alcun provvedimento. Insomma, «tutto sotto controllo». Alla donna positiva asintomatica, dopo valutazione di Asugi, «è stato consentito il rientro a Monaco» in solitaria, nella medesima auto con cui era arrivata, evitando stop o pause lungo il tragitto. –
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