Maledice i nipoti «ingrati» nel testamento
All’inizio non fa distinzioni: «Considerata l’ingratitudine dei miei nipoti e pronipoti che in vita ho aiutato, privandomi di vacanze, viaggi e stipendi, donando loro denaro e anche mobili antichi, lascio a loro la mia maledizione e ai loro eredi che il diavolo li perseguiti». Poi, però, si riferisce solo alle nipoti e rincara la dose: «A quelle che mi hanno truffato per anni rubandomi tra l’altro un orologio d’oro, un appartamento e una collana della mia povera mamma, che il diavolo faccia soffrire loro le pene dell’inferno. Questo augurio è rivolto anche ai loro uomini».
Emilia Pinton, una ricca donna triestina, proprietaria di svariati appartamenti e di una considerevole somma di denaro, morta il 26 settembre 2013 alla veneranda età di 94 anni, ha affidato i suoi “pensieri” a un testamento. E quei “pensieri”, vergati nero su bianco, sono stati letti ufficialmente da un notaio di Spilimbergo: ad ascoltare c’erano i parenti, alcuni contenti per i beni ereditati, ma altri esterrefatti per le ingiurie.
Nel testamento, aperto dal notaio Annalisa Gandolfi dopo formale deposito, l’anziana signora ha infatti perfidamente elencato i nomi dei parenti che riteneva buoni e quelli dei parenti che considerava indegni di ricevere il suo denaro e i suoi beni. Insomma una sorta di beffarda vendetta post mortem.
Ai parenti “buoni” la donna ha riservato tutti i suoi averi. Agli altri non ha risparmiato nulla. Anzi, dopo aver citato nero su bianco il loro nome, li ha puniti sbeffeggiandoli in pubblico e augurando loro ogni disgrazia. Il notaio, alla lettura ufficiale del testamento, non ha potuto omettere i pesanti giudizi di Emilia Pinton. Al contrario, di fronte a “buoni” e “cattivi”, ha dovuto riportare esattamente quello che l’anziana aveva scritto nelle sue ultime volontà: maledizioni e improperi. Il notaio, di certo, ha letto il documento con un certo imbarazzo. Ma ha dovuto farlo dalla prima all’ultima pagina.
Il documento testamentario comincia con l’elenco dei beneficiari. Si legge: «Lascio l’appartamento di via San Francesco a..., la cassetta di sicurezza a... e dispongo anche di questi lasciti...». Poi segue una lista di una trentina di beneficiari tra parenti, amici e anche associazioni religiose. Non basta: «Qualora esistessero nel mio patrimonio somme non disposte, vadano a titolo di eredità a mio nipote al quale lascio anche un appartamento a Grado e e un garage a Trieste».
Alla quarta facciata, però, arriva il colpo di scena: compare la lista degli indegni. Completa di nome, cognome e giudizi impietosi.
La reazione non si è fatta attendere. «Vabbè che non abbiamo avuto nulla dalla zia. Ma quegli insulti letti in pubblico sono stati troppo per noi», hanno detto gli esclusi. E poi sono passati alla controffensiva: ora si apprestano infatti a far causa agli agli eredi.
Tramite l’avvocato Alessandro Carbone gli esclusi hanno chiesto agli altri parenti che erano presenti alla lettura del testamento e dunque hanno ascoltato gli insulti la somma complessiva di 12mila euro. È il risarcimento. Il prezzo dell’onore infangato dalle parole non proprio gentili scritte dall’anziana.
«Riportando tali parole offensive - scrive l’avvocato Carbone nella lettera raccomandata inviata agli altri eredi - Emilia Pinton ha commesso reati di natura penale che, ovviamente, sono estinti a causa della morte della stessa, ma che comunque hanno efficacia ai fini del risarcimento del danno civilistico, per cui i suoi eredi saranno obbligati a risarcire il danno cagionato mediante la pubblicazione del testamento».
Danno che il legale ha quantificato nella somma appunto di 12 mila euro. Che dovrà essere versata dagli altri per «far perdonare» le brutte e pesanti parole scritte dall’anziana.
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