Malattie rare, bimbo affetto da “moyamoya” cerca speranza a Roma

Una giovane famiglia triestina vive in questi giorni un drammatico momento e non può nemmeno condividere l’esperienza con qualcuno perché la malattia che è stata diagnosticata al bambino di 3 anni è talmente rara che a Trieste non ha precedenti, e pochi ce ne sono in Italia.
Moyamoya, questo il nome della malattia rara che provoca un progressivo restringimento dei vasi sanguigni alla base del cervello. Il nome è giapponese (per motivi ancora non scoperti si manifesta con più frequenza in Oriente) e significa letteralmente “fumo di sigaretta”. I vasi contermini a quelli malati perdono infatti, alla visione radiografica, la forma del reticolo, e mostrano questa particolare morfologia, che assomiglia a un fil di fumo.
Al Burlo Garofolo l’hanno riconosciuta. Il direttore di Neuropsichiatria infantile, Marco Carrozzi, è andato all’ospedale Bambin Gesù di Roma dove lavora un neurochirurgo francese che è tra i pochissimi a operare secondo una moderna tecnica non invasiva e ad avere una casistica in merito, e gli ha affidato il bimbo triestino.
Bambino e famiglia sono già a Roma, in attesa dell’intervento. Sarebbe rimasto un triste caso personale se i nonni del piccolo (che ha un fratellino di soli 3 mesi) non avessero lanciato un appello, prima all’associazione Malattie rare Azzurra e poi attraverso il nostro giornale.
Per tre settimane i due giovani genitori, assieme a una nonna e al neonato, devono pagarsi un soggiorno nella capitale per stare vicini al piccolo malato, e il problema economico (non enorme, ma per la famiglia pesante) si aggiunge agli altri.
Un altro nonno dunque ha deciso di aprire un conto corrente bancario in un istituto di credito triestino. Chi volesse fare il gesto di generosità verso questa famiglia, può prendere contatto con il signor Luciano Svetina al numero di cellulare 340.8324026.
«È una malattia degenerativa di estrema gravità - spiega Alessandro Ventura, direttore del Dipartimento di Pediatria del Burlo -, perché occlude i vasi principali del cervello, in 40 anni ho visto solo due casi, il primo tanti anni fa, era un bambino calabrese venuto a cercare aiuto a Trieste. Adesso è stata trovata una nuova tecnica d’intervento, per cui anziché creare nuovi collegamenti tra i vasi sani e la carotide si scoperchia la calotta cranica, si praticano dei fori, il contatto tra i vasi della parte alta della testa e quelli interni produce una nuova vascolarizzazione. A descriverla, un’operazione tremenda, in realtà per un chirurgo è meno complessa di un’appendicite acuta che in corso di intervento può presentare complicazioni impreviste. Noi la diagnosi - aggiunge - l’abbiamo fatta subito, di fronte a un deficit neurologico acuto il segnale di Moyamoya è molto chiaro. E l’intervento toglie l’angoscia di una prognosi certa, infausta».
«Il chirurgo francese del Bambin Gesù - spiega Carrozzi - ha già operato con questa tecnica 10-15 bambini. La malattia ha due picchi, in età infantile provoca attacchi ischemici, e in età adulta soprattutto emorragie. Non si sa se è genetica, non è stato ancora individuato il gene che la provoca, talora è ereditaria e talora no. Nei bambini operati gli attacchi di ischemia sono scomparsi, e finora si è constatato che con la crescita anche la patologia vascolare è scomparsa».
Dunque buone speranze per lo sfortunato bambino, e per questa famiglia che i medici definiscono “bellissima”.
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