Mahmud, in fuga dalla Siria con le tasche piene di dollari
Mahmud ha 15 anni. Dimostra più della sua età, sembra un uomo. Occhi neri e profondi e capelli scuri scuri. È arrivato assieme al fratello e a un amico a Trieste in fuga dalla guerra in Siria. Abitava ad Aleppo. Era una città bellissima, ora lì manca anche l’acqua. Le bombe hanno devastato tutto. Il suo viaggio verso il nord Europa è durato 5 mesi. È uno dei primi siriani giunti a Trieste dall’inizio del conflitto.
In Siria studiava ma poi è arrivata la guerra. È, quel che si dice, un clandestino di prima classe. Perchè quando due giorni fa è sbarcato a Trieste da un traghetto turco, come hanno spiegato i poliziotti della Polmare, che hanno sopreso in porto i tre ragazzi, sapeva esattamente cosa voleva e dove era diretto. In tasca aveva un buon numero di dollari. Circa 2mila. In inglese prima e poi, con l’interprete arabo, ha raccontato del suuo viaggio, ma soprattutto ha spiegato che chiedeva l’asilo politico. E così anche gli altri due, uno nato nel 1986 e l’altro nel 1991. Ha raccontato brevemente della fuga dagli orrori. Ma lo ha fatto «con grande dignità», così ha riferito un agente. Il ragazzo ha spiegato che quel giorno aveva salutato la madre e poi che in macchina era stato accompagnato assieme agli altri al confine turco. E che ha attraversato quel Paese arrivando fino alla costa occidentale dalle parti di Izmir dove ha incontrato un uomo che gli era stato indicato già in Siria. In Turchia i tre hanno dormito nelle locande e viaggiato con i mezzi pubblici.
Gli hanno dato 3mila dollari all’uomo, il trafficante di Izmir. Aveva poi accompagnato Mahmud, il fratello e l’amico fino a un camion e li aveva fatti entrare nel rimorchio carico di merci varie che da lì a poco sarebbe stato imbarcato. Poi il mezzo era stato sistemato assieme ad altre decine nel tragetto “ro ro” diretto a Trieste dove è arrivato dopo un viaggio di due giorni e mezzo. Ma prima dell’arrivo in porto i tre ragazzi sono usciti dal rimorchio tagliando con un coltello la copertura. Si sono nascosti all’interno della stiva della nave e nessuno li ha visti. Nel viaggio in mare hanno mangiato il cibo che si erano portati con loro. Gli agenti della Polmare hanno scoperto i tre mentre vagavano per il porto durante le operazioni di sbarco delle merci e dei mezzi dal traghetto. Li hanno subito acccompagnati in commissariato e poi li hanno interrogati. Prima in inglese e poi in arabo con l’interprete.
Mahmud per primo ha parlato di asilo politico. Ha detto che voleva andarsene dal suo paese verso il nord dell’Europa, in Danimarca, pare dove ha alcuni parenti. Perché in Siria sparano e tanta gente muore. «Abbiamo paura», ha aggiunto. Gli altri due non hanno detto nulla agli agenti se non il nome. Perché nessuno aveva portato i documenti. La tappa successiva di Mahmud e del fratello e dell’amico avrebbe dovuto essere la Questura. Perché gli agenti al termine dell’interrogatorio hanno spiegato che i tre avrebbero dovuto presentarsi dopo poche ore all’ufficio stranieri per definire la pratica della richiesta di asilo. Ma invece - pare - che i tre giovani siriani abbiano preso la strada della stazione ferroviaria. Dove, secondo la polizia, potrebbero essere saliti su un treno dopo aver acquistato un biglietto regolare. Meta appunto la Danimarca, la terra promessa per i profughi siriani.
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