Maersk mette gli occhi sullo scalo di Trieste
Il colosso danese Maersk punta sul porto di Trieste. La conferma è arrivata da Carlo Merli, amministratore delegato del braccio terminalistico della compagnia, durante il convegno “Trieste città europea: la via per crescere” organizzato dal Comune e svoltosi al Teatro Verdi. Convegno, a cui hanno partecipato i top manager delle principali realtà economiche insediate in loco, che ha acceso i riflettori anche sul Porto Vecchio, detonatore di una miscela di elementi di crescita già presenti che sono innanzitutto logistica, settore assicurativo, scienza e turismo.
E proprio l’interesse di Maersk e il futuro del Porto Vecchio hanno riversato una sostanziosa manciata di ottimismo forse anche sui circa 400 spettatori, in discreta parte operatori di primo rilievo nei loro specifici settori. La prima tavola rotonda, moderata dal direttore del Piccolo, Paolo Possamai, ha certificato come Generali, Hera (gruppo di cui AcegasApsAmga fa parte) oltre appunto a Maersk, credano in Trieste.
Gabriele Galateri di Genola ha parlato nella doppia veste di presidente oltre che del Leone, dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova. «Il Sincrotrone di Trieste - ha affermato - è la più bella realtà di quel settore al mondo. Qui nell’ambito della scienza operano cinquemila ricercatori, con 46 addetti nel settore ogni mille occupati contro una media italiana di 8 su mille e una europea di 11 su mille. Serve, come già accade a Genova, un maggior collegamento con il territorio per creare l’humus dove possa crescere un indotto di servizi e commerciale». Ma ha parlato anche da presidente di Generali: «Non lasciamo la città, siamo qui da 184 anni e abbiamo qui 2.300 dipendenti. Abbiamo deciso di insediare a Trieste la nostra Academy dove istruire la capacità di leadership dei nostri futuri dirigenti. Da maggio 2014 a oggi vi sono transitate già 800 persone».
«Su Trieste abbiamo investito 50 milioni negli ultimi due anni - ha specificato Tomaso Tommasi di Vignano presidente di Hera - e ne investiremo altri 170 da qui al 2018. L’opera più rilevante è il depuratore di Servola che comporterà una spesa di oltre 50 milioni e per il quale siamo già partiti con le bonifiche. Faremo altri interventi sulle reti del gas, potenzieremo l’acquedotto, impegneremo risorse per favorire la mobilità elettrica e abbiamo già incominciato a collocare colonnine per il rifornimento elettrico per gli autoveicoli. Ma siamo impegnati fortemente anche sul fronte ambientale per cui rifaremo il sistema per la riduzione dei fumi dal termovalorizzatore».
E come Maersk, il principale vettore di container al mondo sia ancora alla finestra in attesa di piazzare la zampata per piombare su Trieste (e magari congiuntamente su Capodistria) lo si è capito dalle parole di Carlo Merli, amministratore delegato del braccio terminalistico della compagnia danese, Apm terminals. «Trieste - ha detto - può fungere da gateway per un mercato molto ampio, così come Savona dove stiamo già intervenendo sul versante tirrenico». Ha accennato anche a «un contesto istituzionale collaborativo» il che cambierebbe le condizioni rispetto ai tentativi fatti in passato allorché Apm terminals ha scartato le opzioni Piattaforma logistica e banchina della Ferriera. Resta in piedi il Molo Settimo dove oggi però c’è Pierluigi Maneschi. Merli ha invece categoricamente bocciato l’off shore di Venezia: «Non ha nessun senso, sarebbe un’operazione economicamente sbagliata».
In Porto Nuovo stanno per essere calati investimenti per un milione di euro. Lo ha annunciato il commissario Zeno D’Agostino. «Sul Porto Vecchio abbiamo già trovato la quadra - ha sottolineato - ora dobbiamo accelerare sul Piano regolatore che ho visto con soddisfazione prevedere una sostanziosa quota di investimenti privati. In settimana presenteremo al ministero alcune controdeduzione assieme alla Regione». Secondo D’Agostino far approvare prima il Piano regolatore sarebbe anche il grimaldello con il quale escludere l’insediamento del rigassificatore di Zaule che sembra a propria volta in dirittura d’arrivo, ma che nel Piano stesso non è previsto.
Il porto è la freccia più potente che Trieste ha nel proprio arco secondo Sergio Razeto presidente di Confindustria Venezia Giulia. «Ritengo quasi un colpo di bacchetta magica - ha sottolineato - la norma che ha liberato il Porto Vecchio dopo decenni di immobilismo. È qui, oltre che sulle infrastrutture del Porto Nuovo, che la città è chiamata a concentrare il massimo dei propri sforzi. Quanto all’industria ce n’è poca, ma ha resistito abbastanza bene alla crisi. C’è bisogno di aggregazione, come avviene nel Distretto del caffè, per i settori naval-cantieristico, dell’off shore e del biomedicale dove si scorgono significativi spazi di crescita».
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