Macroregione del Nord, l’Udc gela Tondo

Compagnon: «Progetto inaccettabile, alleanza a rischio». Menia: «Di questo passo il Fvg diventerà una Neuroregione»

TRIESTE. Che la scelta di sottoscrivere un patto con i vertici della Lega per accelerare il progetto della Macroregione del Nord avrebbe innescato forti prese di distanza da parte degli avversati di centrosinistra, di sicuro Renzo Tondo l’aveva messo in conto. Quello che probabilmente non si aspettava, invece, era di diventare bersaglio del “fuoco amico”. Sì perchè, all’indomani dell’intesa siglata a Sirmione con Roberto Maroni, Luca Zaia e Roberto Cota, gli attacchi più duri al governatore sono arrivati dall’Udc. Partito che, dice chiaro e tondo Angelo Compagnon, non ha per nulla gradito la fuga in avanti del presidente rispetto ad un’operazione che i centristi mai e poi mai accetterebbero di sostenere.

«Il patto sottoscritto in Veneto è solo un regalo elettorale fatto alla Lega dal Pdl - attacca Compagnon -. Il Fvg non ha bisogno di quest’asse del Nord per contare di più: ha biamo già la nostra autonomia». Una bocciatura su tutta la linea, quindi, a cui si salda subito dopo anche il più diretto degli avvertimenti politici. «Se la Macroregione dovesse essere inserita tra i punti dell’agenda politica futura - conclude Compagnon -, noi ci chiameremmo subito fuori dal confronto e, in prospettiva, dall’eventuale alleanza». Il rischio rottura, insomma, è più che reale, come lascia intuire anche il commento del vicesegretario regionale dell’Udc Fabrizio Anzolini. «Risulta francamente incomprensibile come, in piena campagna elettorale, Tondo incontri il segretario nazionale della Lega per siglare accordi e impegnare la nostra Regione nel settore della sanità, dell'energia, dell'ambiente, delle infrastrutture e del patrimonio culturale e paesaggistico. Il tutto senza confrontarsi con gli alleati che lo sostengono. Con queste iniziative Tondo rischia seriamente di rompere l'alleanza con l’Udc in Regione».

Non ragiona di alleanze ma di contenuti, invece, il “futurista” Roberto Menia. «Con questi chiari di luna, la nostra pare avviarsi a divenire una Neuro-regione - afferma il candidato di Fli - . Solitamente Tondo è un uomo accorto, ma il clima elettorale lo sta portando furi strada. Come si fa prima a celebrare i 50 anni dell'autonomia rivendicando le ragioni della specialità, poi a sottoscrivere coi “barbari sognanti” la macroregione del Nord, poi ancora a viaggiare alla volta di Klagenfurt per creare una nebulosa Euroregione? Se non si raccordano logica, linguaggio, pensiero e azione, appunto, si va dritti verso la Neuro regione...». Sulla stessa linea anche il “neomontiano” Gianfranco Moretton: «Con il patto di Sirmione, é stata posta una pietra tombale sull'autonomia della nostra Regione che, peraltro, non è appannaggio esclusivo di Tondo. Non é giustificabile - conclude l’ex capogruppo Pd - la scelta del governatore di assumere una simile decisione, che rischia di farci fagocitare dalle Regioni ordinarie, senza il coinvolgimento del Consiglio».

Sposta il tiro sul Carroccio, invece, il deputato Pd Ettore Rosato. «I leghisti del Fvg sono agli ordini del Lombardo-Veneto e ne cura gli interessi a casa nostra - afferma -. Mai da loro abbiamo sentito levarsi una voce contro le barricate alzate dal Veneto sull'alta velocità Venezia-Trieste o contro le proposte di abolire le specialità, e muti hanno regalato 370 milioni nostri a Tremonti. Sono loro - conclude - a dettare la linea a Tondo, e così - si spiega perché il Fvg è arrivato al minimo storico della sua autorevolezza». Concetti ripresi anche dal candidato di Centro democratico Enrico Bertossi: «La Macroregione dei leghisti e di Tondo è una offesa all’intelligenza degli abitanti del Fvg e un’operazione che si spiega solo con il disperato tentativo del presidente della regione di “galleggiare” con i suoi attuali alleati e di quello di Maroni di far dimenticare i vari Belsito e Trota». Dura anche la presa di posizione del candidato alla presidenza della Regione della Destra, Stefano Salmè. «Mai avremmo creduto che Tondo, con la cultura del suo passato politico, potesse cedere alle pretese secessioniste della Lega Nord».

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