Macedonia del Nord, è scontro sul nome in Grecia. Trema il governo Tsipras

Il ministro della Difesa, leader dei nazionalisti, si dimette dopo l’ok di Skopje all’accordo. Arriva la mozione di fiducia
epa06815071 Greek Prime Minister Alexis Tsipras (L) and FYROM Prime Minister Zoran Zaev (R) shake hands after their arrival on Macedonian side of the Lake Prespa, near Otesevo, the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), 17 June 2018. Prime Ministers from Greece and Macedonia meet in the Prespes lake district, that borders both countries, and sign an agreement aimed at ending a decades-long dispute between their countries. The agreement shall lead to the renaming of Greece's northern neighbour, as well as its EU and NATO entry. EPA/NAKE BATEV
epa06815071 Greek Prime Minister Alexis Tsipras (L) and FYROM Prime Minister Zoran Zaev (R) shake hands after their arrival on Macedonian side of the Lake Prespa, near Otesevo, the Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), 17 June 2018. Prime Ministers from Greece and Macedonia meet in the Prespes lake district, that borders both countries, and sign an agreement aimed at ending a decades-long dispute between their countries. The agreement shall lead to the renaming of Greece's northern neighbour, as well as its EU and NATO entry. EPA/NAKE BATEV

ROMA. Trema il governo di Alexis Tsipras in Grecia. Panos Kammenos, leader del partito nazionalista di destra Anel e partner di minoranza dell’esecutivo di Atene - si è dimesso dalla carica di ministro della Difesa dopo che la Macedonia, nei giorni scorsi, ha definitivamente approvato la riforma costituzionale per cambiare il proprio nome in “Repubblica della Macedonia del Nord”, in base al cosiddetto accordo di Prespa firmato lo scorso giugno dal premier greco e dall’omologo macedone Zoran Zaev. Perché entri ufficialmente in vigore l'intesa, arrivata dopo un contenzioso durato 27 anni e osteggiata da nazionalisti di entrambi i Paesi, serve la ratifica del Parlamento greco. Ma Kammenos e il suo partito appunto si sono sempre detti contrari. Il leader nazionalista ha confermato «le differenze inconciliabili» con il premier. E Tsipras ne ha accettate le dimissioni, nominando come suo sostituto il capo delle Forze armate, l'ammiraglio Evangelos Apostolakis. Il premier ha chiesto la fiducia sul suo esecutivo in Parlamento. La mozione sarà probabilmente discussa martedì e votata mercoledì.

La coalizione di governo conta 153 seggi su 300 in Parlamento: 145 sono di Syriza, il partito di sinistra di Tsipras, altri 7 sono in mano ad Anel e uno è di un deputato indipendente. Se il governo non otterrà la fiducia, la Grecia rischia di andare alle elezioni anticipate. Con le dimissioni del ministro della Difesa, Tsipras ora avrà bisogno del sostegno dell'opposizione per poter ottenere la ratifica sul nome della Macedonia e quindi far concludere l'iter.

In una conferenza stampa infatti Kammenos ha ribadito che lui e il suo partito voteranno contro la fiducia e diranno no all'accordo sul nome della Macedonia. «La questione macedone non mi permette più di non sacrificare il mio incarico», ha dichiarato Kammenos, annunciando il «ritiro dal governo» dei membri del suo partito subito dopo l'incontro con il premier. Lo stesso Kammenos si è detto certo dell'appoggio di altri due deputati, tra cui il vice ministro alla Difesa, Maria Kollia-Tsaroucha, che ha pure annunciato le dimissioni. Altri due deputati di Anel hanno sempre detto che voteranno a favore dell'accordo sul nome della Macedonia mentre i restanti due, il ministro del Turismo Elena Kountoura e il viceministro dell'Agricoltura, Vassilis Kokkalis, entrambi in missione all'estero, non si sono ancora pronunciati.

Proprio venerdì il Parlamento di Skopje ha detto “sì” agli emendamenti costituzionali previsti dall'accordo: la Macedonia si chiamerà “Macedonia del nord”, condizione posta da Atene per togliere il blocco che nella pluridecennale disputa aveva chiuso la strada alla nodale integrazione del Paese ex jugoslavo in Ue e Nato. È un ok, quello dato dalla Macedonia, giunto anch’esso dopo mesi di tensioni a Skopje e il flop del referendum, che in ottobre aveva visto solo il 34% degli aventi diritto esprimersi (con circa il 90% dei sì) sul quesito che non citava nemmeno il cambio di denominazione, ma chiedeva se erano o meno «a favore dell’adesione all’Ue e alla Nato attraverso l’accettazione dell’accordo fra Repubblica di Macedonia e Grecia». Per l'entrata in vigore ufficiale dell'accordo sul nome serve ora solo la ratifica del Parlamento greco, ma con le dimissioni di Kammenos tutto diventa più difficile. —
 

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