«Ma così si dà ai figli un messaggio di sfiducia»
TRIESTE. «I professori si stanno mettendo sulla difensiva. Sempre più spesso nei consigli degli insegnanti sento dire “facciamo così per star tranquilli coi genitori”, per evitare proteste e ricorsi». Il pordenonese Enrico Galiano insegna materie letterarie in una scuola media di Pravisdomini, è nella classifica dei migliori cento professori d’Italia stilata da Masterprof.it, ha creato la cliccatissima webserie “Cose da prof” ed è reduce dalla fortuna del suo ultimo romanzo “Eppure cadiamo felici”, storia di un’adolescente con qualche problema di relazione coi coetanei.
Galiano, il fenomeno dei ricorsi è in aumento?
La difficoltà dei rapporti tra famiglie e scuola c’è sempre stata, ma l’intervento dei tribunali è in aumento anche se per fortuna parliamo di una piccola minoranza di casi. È come se i genitori dicessero alla scuola che loro, e non gli insegnanti, sanno cosa sia meglio fare. Ma capita che il genitore che ricorre è lo stesso che non viene a ricevimento e se ne frega, per poi appellarsi a qualche aspetto formale. Serve più maturità da parte della famiglia e ammissione di corresponsabilità con la scuola.
Perché le famiglie non si fidano più?
A casa si può avere la visione di un ragazzo intelligente che non si applica e subito si pensa che la colpa sia dei docenti. Ma in caso di bocciatura la responsabilità va divisa equamente: 33% gli insegnanti, 33% la famiglia e 33% il ragazzo. Con un ricorso pare invece che sia tutta colpa della scuola. Vale il discorso delle opinioni su questioni scientifiche: oggi sembra che tutti siano in grado di dire la loro e, così come si spiega al medico come si fa il medico, ci si arroga il diritto di insegnare all’insegnante il suo lavoro.
I docenti come devono comportarsi con le famiglie?
Non devono prendere le accuse sul personale ma cercare di spiegare via via e con trasparenza le decisioni, cercando di aprire a una sinergia coi genitori.
Quanto pesa una separazione nel percorso di un dodicenne?
Può pesare moltissimo. Se il ragazzo è particolarmente fragile ci sono ricadute su rendimento e capacità di crescere in modo sano. Ho visto ragazzi molto bravi risentire di certe situazioni.
Che idea si è fatto del caso di Gorizia?
Difficile parlare senza conoscere le cose da vicino. Mi pare una situazione obliqua, perché la scuola ha avvisato la famiglia ma il giudice ha ritenuto insufficiente la comunicazione causa qualche lacuna formale.
È stata presa la scelta giusta per il ragazzo?
Gli insegnanti hanno deciso di fermarlo, certo non per un approccio punitivo: simili decisioni vengono prese domandandosi se sia più utile dal punto di vista educativo promuovere o bocciare. La prima cosa cui penso è però la decisione della famiglia, che invia al ragazzo un messaggio di sfiducia verso insegnanti e istituzione scolastica. Penseranno sia positivo aver preso questa linea, hanno mostrato invece che qualcosa si è rotto nel rapporto scuola-famiglia.
Ha ancora senso bocciare un dodicenne?
Al di là di questo caso, credo serva una piccola rivoluzione. Si decida tutti assieme che fino a 13 anni la bocciatura non si fa più, come già accade in altre parti del mondo dove il lavoro sul profitto si affianca a quello su autostima e crescita personale dei ragazzi. Oppure torniamo alla scuola selettiva degli anni Cinquanta, dove nozioni e conoscenze contavano più della maturazione personale.
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