L’Università va in Paraguay e costruisce due case sociali
TRIESTE Due case sociali per ospitare 24 bambini e ragazzi sono state inaugurate in Paraguay grazie a un progetto di cooperazione allo sviluppo messo in campo dall’Università di Trieste. E l’idea è di realizzarne di nuove, se gli enti pubblici faranno la propria parte.
L’iniziativa è denominata “Caefi-Carapeguà”, acronimo che sta per casa per accogliere, educare e formare l’infanzia di Carapeguà. Il risultato, presentato ieri in conferenza stampa, sono appunto due case sociali inaugurate negli scorsi mesi alla presenza di un rappresentante dell’ambasciata italiana di Asuncion, capitale dello stato sudamericano.
Il progetto è stato finanziato dalla Regione Fvg e proposto dal Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Trieste con la collaborazione di due partner locali: l’associazione Hermanas Misioneras Redentoristas e l’Universidad Católica “Nostra Senora de la Asunción”.
Ecco perché, accanto alla direttrice del Dipartimento di studi umanistici Elisabetta Vezzosi, si trovava suor Fabiola Camacho Gonzales, madre superiora dell’associazione Hermanas Misioneras Redentoristas e docente di estetica.
L’intervento è stato coordinato dai docenti Cecilia Prenz e Dragan Umek. Quello appena conclusosi è da annoverare tra le iniziative “micro” dell’ateneo – così sono definite le proposte di durata annuale – dal valore complessivo di 50 mila euro, di cui 30 mila finanziati dalla Regione. L’obiettivo adesso, a detta del professor Umek, «è quello di presentarne uno “macro”, di durata biennale. Vogliamo poter realizzare altre case, anche perché lo spazio intorno alle abitazioni, dignitose e confortevoli, è tale da poterne edificare altre tredici».
Le condizioni, stando a quanto emerso durante l’incontro, pare ci siano tutte. Come ha spiegato la coordinatrice dell’ufficio cooperazione allo sviluppo della Regione Fvg, Sara Tesi, «in presenza di progetti e partenariati che si occupano di inclusione sociale e formazione, la Regione fa la sua parte, specialmente quando l’interlocutore è un soggetto come l’Università di Trieste, uno dei soggetti più attivi, con cui già da due anni è in essere un progetto che riguarda il Kurdistan, in particolare le popolazioni yazide».
Entrando nel cuore del progetto, Cecilia Prenz ha sottolineato come «sia fondamentale il partenariato locale come quello instaurato con l’associazione delle sorelle redentoriste». Successivamente Prenz ha posto l’attenzione sulla «necessità, come priorità assoluta, di garantire condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili partendo proprio da un fabbisogno primario come l’abitazione».
Le ha fatto eco l’intervento di suor Fabiola la quale, dopo avere ringraziato l’Italia e il Fvg per la generosità e l’attenzione riservata per la sua comunità, sottolineando come ben tremila bambini siano stati adottati a distanza da famiglie italiane, ha ricordato come conditio sine qua non la possibilità di favorire il radicamento di famiglie che altrimenti sarebbero per strada, anche per consentire la formazione di bambini e ragazzi. «Oggi – ha concluso – tanti ragazzi, grazie a queste nuove strutture sorte negli ultimi anni, possono sperare in un futuro migliore». —
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