L'Unione degli Istriani: «Festa il 12 giugno? No, è una ricorrenza e non va trasformata in una data divisiva»
TRIESTE «Quella del 12 giugno non è una festa, ma una ricorrenza. E come tale va commemorata. Quest’anno ricorrono i 75 anni della liberazione di Trieste dalla durissima e violenta occupazione jugoslava di Trieste che ebbe luogo dal primo maggio del 1945 e che durò 42 giorni. In realtà la data segna per Trieste la fine di tutte le violenze patite con la guerra e il fascismo». Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli istriani, vuole fare chiarezza sull’elezione a solennità cittadina di una data che non deve diventare una celebrazione “divisiva” per la città. E, soprattutto, non deve essere confusa con il 25 aprile. «Non è una festa. Non si va in piazza Unità a fare la griglia. È una ricorrenza storica di Trieste che va valorizzata attraverso, magari, un’adunanza del Consiglio comunale», insiste Lacota: «Deve essere una memoria condivisa. Nessuna festa per la liberazione dai titini. Ricorda un periodo doloroso. Non abbiamo mai inteso trasformarla in una festa».
L’Unione istriani la commemora ogni anno e da oltre un decennio chiede al Comune di farla diventare una solennità cittadina. «Vogliamo commemorare la fine di ogni violenza a Trieste. E non c’è alcuna contrapposizione con la Festa della Liberazione del 25 aprile, che è un’altra cosa. È giusto però far presente che a Trieste le cose andarono in modo diverso che nel resto del Paese. Nella Venezia Giulia il 25 aprile si era ancora molto lontani dall’effetto liberazione», precisa il presidente dell’Unione degli istriani. Si tratta, insomma, di una data su cui “unire” la memoria di Trieste. «Nessuno vuole dividere la città. A noi interessa - aggiunge Lacota - ricordare degnamente la data del 12 giugno 1945 che segna la fine di tutte violenze della seconda guerra mondiale nel territorio della Venezia Giulia».
A questo proposito Lacota ricorda che nel 2015 (a 70 anni esatti dalla ricorrenza della liberazione dall’occupazione jugoslava) fu proprio l’amministrazione di centrosinistra di Roberto Cosolini a finanziare e realizzare un monumento nel Parco della Rimembranza sul Colle di San Giusto. Una pietra di Aurisina alta un metro e mezzo con questa scritta: «Il 12 giugno in seguito agli accordi di Belgrado le truppe jugoslave si ritirarono da Trieste dopo 40 giorni di occupazione. Il popolo triestino iniziava una lunga e difficile fase di attesa riconquistando con il suo schietto impegno libertà e democrazia. Trieste, 12 giugno 2015». Il Comune contribuì con 5 mila euro alla realizzazione del monumento costato 8.540 euro (il resto fu pagato proprio dall’Unione istriani).
All’inaugurazione erano presenti il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop e la presidente della provincia Maria Teresa Bassa Poropat. «In quell’occasione Cosolini si dimostrò davvero il sindaco di tutti, facendo un bel gesto e attirandosi per questo anche numero critiche», ricorda Lacota.
E oggi? «No! Non ci sto!», attacca Cosolini, ora consigliere regionale: «Qui non siamo più al riconoscimento di tutte le tragedie e di tutti i lutti, non siamo più al riconoscimento che il progetto di annessione di Trieste da parte della Jugoslavia determinò anche in quei 40 giorni, dopo la liberazione dai nazifascisti, purtroppo repressioni e uccisioni. Qui siamo oltre: siamo all’ennesimo utilizzo per lucro politico del drammatico passato di Trieste». L’ex sindaco boccia dunque la proposta dell’attuale amministrazione di centrodestra che domani porterà in giunta la delibera che renderà «solenne festività» cittadina il 12 giugno: «Siamo agli slogan ideologici che sostituiscono il lavoro rigoroso degli storici, siamo di fatto alla negazione di cosa rappresentarono fascisti e nazisti per queste terre e di cosa fu l’occupazione italiana della Jugoslavia. Siamo all’ennesimo attacco alla Resistenza e alla Liberazione!».
L’ex sindaco si scaglia contro l’amministrazione Dipiazza: «Una settimana l’ovovia, che almeno è innocua perché non si farà e verrà dimenticata, la settimana dopo l’invenzione di una festa della liberazione antistorica, revisionista e divisiva, tutto per propaganda e lucro elettorale facendo un po’ di fumo, che nasconda il vuoto progettuale di questi quattro anni».—
Riproduzione riservata © Il Piccolo