L’unicità di Trieste, tra mare e caffè protagonista su National Geographic
TRIESTE. Il porto e gli investimenti stranieri. L'architettura asburgica. La Barcolana. Il suo essere terra di confine e storico crocevia del Mediterraneo. L'unicità di Trieste diventa protagonista ancora una volta in un ampio servizio giornalistico - 25 i minuti consigliati per la lettura - pubblicato sul sito web dalla prestigiosa rivista americana National Geographic, in uscita anche nella versione cartacea a giugno.
Dal quartiere di San Giacomo, dove l'autore dell'articolo, il giornalista statunitense Robert Draper, ha alloggiato, la città ritorna alla ribalta attraverso le sue peculiarità. Gli occhi del reporter, che è tornato nel capoluogo giuliano dopo tanto tempo, incontrano il teatro romano e la chiesa serbo-ortodossa mentre l'aria che respira è un melange tra sapore di mare e caffè tostato.
Si parla della Trieste di oggi, senza però dimenticare il passato, tra irredentisti, nazisti, il periodo dell'ex Jugoslavia e le foibe. S'inserisce in questo contesto il racconto di Bruno Lenardon, produttore di olio e vino a Muggia: «Lenardon, il viso arrossato e rugoso per il lavoro all'aperto – scrive il giornalista – ci ha condotti al muro di pietra sul portico sul retro . Lì è stata dipinta un'ampia striscia verticale gialla. Una targa decretò che con l'accordo del dopoguerra del 1954 l'Italia si trovava da una parte, la Jugoslavia dall'altra. La casa di Lenardon è stata divisa in due».
Draper, ha alloggiato, la città ritorna alla ribalta attraverso le sue peculiarità. Gli occhi del reporter, che è tornato nel capoluogo giuliano dopo tanto tempo, incontrano il teatro romano e la chiesa serbo-ortodossa mentre l’aria che respira è un melange tra sapore di mare e caffè tostato. Si parla della Trieste di oggi, senza però dimenticare il passato, tra irredentisti, nazisti, il periodo dell’ex Jugoslavia e le foibe.
S’inserisce in questo contesto il racconto di Bruno Lenardon, produttore di olio e vino a Muggia: «Lenardon, il viso arrossato e rugoso per il lavoro all’aperto – scrive il giornalista – ci ha condotti al muro di pietra sul portico sul retro. Lì è stata dipinta un’ampia striscia verticale gialla. Una targa decretò che con l’accordo del dopoguerra del 1954 l’Italia si trovava da una parte, la Jugoslavia dall’altra. La casa di Lenardon è stata effettivamente divisa in due».
Draper incontra anche l'ex presidente Debora Serracchiani, di cui riporta una frase in particolare: «Trieste è la città più europea d'Italia». Un aspetto che si traduce, spiega Draper, ad esempio nella convivenza in città di tante comunità straniere. E poi arriva la sentenza di Draper: «In fondo, Trieste è una città di persone dipendenti dal caffè e filosofi degli sgabelli da bar che tende a non lavorare troppo».
Tra i suoi incontri triestini ci sono anche Barbara Franchin, deus ex machina del concorso di moda Its, Marco e Andrea Bazzara dell'omonima torrefazione, Alessia Wu, titolare della catena Az, e la comunità cinese. E poi Giulio Camber e «la sua campagna contro Trieste protagonista quale della Nuova Via della Seta». E Zeno D'Agostino, che racconta degli altri player stranieri che stanno investendo sul porto.
Ed è qui che s'inserisce anche la conversazione con Federico Pacorini, della storica multinazionale di logistica. «Pacorini, l'antitesi di Giulio Camber», lo definisce Draper, grazie all'attuale sviluppo dello scalo, guarda al domani: «Abbiamo una bella città con un futuro brillante. Forse un giorno la gente dirà: “Ah, Venezia, intendi la città che è vicina a Trieste?”. E poi Draper parla con il sindaco Roberto Dipiazza che, a proposito di occupazione e immigrazione, dice che i giovani qui non hanno voglia di lavorare.
Precisa al Piccolo il primo cittadino: «Nel senso che alcuni mestieri non sono più disposti a farli. Basta pensare che al Caffè degli Specchi 30 o 40 dei dipendenti non sono italiani». Ma per Draper Trieste è anche la città prescelta dal calciatore ghanese Emmanuel Appiah per le sue nozze con Hanna Petracci.
Ma è anche il luogo in cui a fare la differenza è anche l'identità dei suoi abitanti. A testimoniare ciò è la voce di Paolo Pacorini, figlio di Federico. «Come t'identifichi?», Gli chiede la moglie durante un pranzo, e lui risponde: «Prima triestino e poi italiano». —
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