«L’unica via ora è il ricorso al Tar»
L’ad Della Rocca: «Potevano intervenire due anni fa. Perché proprio adesso?»
«Faremo ricorso al Tar. È tutto quello che possiamo fare». Giuseppe Della Rocca, l’imprenditore che ha in mano la Depositi costieri Trieste spa, commenta così il commissariamento imposto dalla Prefettura per garantire l’operatività del servizio, vitale per il porto di Trieste. «Sono a conoscenza da martedì della notizia - dice Della Rocca -. Ci è stato comunicato durante il nostro consiglio di amministrazione».
Prosegue ancora: «Resto sulle mie posizioni. Prepareremo un ricorso al tribunale amministrativo perché non ci sono altre strade da seguire».
L’imprenditore sottolinea ancora una volta la sua posizione nella vicenda, che vede la sua azienda al centro di una possibile infiltrazione a carattere mafioso all’interno del sistema portuale: «La nostra è un’azienda da quasi 150mila euro di utile e qui si parla di fallimento. I primi avvisi sono arrivati addirittura nel 2015, mi chiedo perché non hanno chiesto il fallimento e non ci hanno commissariato direttamente due anni e mezzo fa».
Della Rocca risponde anche alla nota emessa nei giorni scorsi da Maloa Ltd, l’impresa che avrebbe debiti milionari nei confronti della Depositi costieri. Maloa specificava di non aver «mai perpetrato alcuna truffa nei confronti della Dct. È stata la Maloa e la sua controllata Maloa Italia srl - si leggeva nella nota - vittima di truffa, come da denunce depositate alla Procura di Roma. Maloa Ltd e Maloa Italia srl sono estranee a ogni condotta illecita. La società non è affatto responsabile del debito di 32 milioni di euro e di 9 milioni di sanzioni relative alle accise».
Replica l’amministratore delegato della Depositi costieri: «Questi di Maloa sono scomparsi per due anni e ora ricompaiono con una presa di posizione simile. Stiamo fantasticando su fandonie che non hanno capo né coda».
Ai due lavoratori, nonché allo stesso Della Rocca, l’Autorità portuale ha ritirato il badge di accesso al porto. Commentava l’imprenditore nei giorni scorsi: «Non capisco perché mi hanno bloccato il badge, l’Autorità portuale non mi lascia nemmeno entrare in ufficio. Tutto questo è pazzesco, io sono pulito e la società è in salute». Appena esploso il caso, Della Rocca aveva dichiarato al Piccolo di non aver «nulla da nascondere, sono assolutamente limpido»: «Comunque - diceva - dalla Campania in giù prendere un’imputazione per 416 bis è come prendere la brioche e il cappuccino al bar la mattina. L’indagine (che lo ha interessato a partire dal 2002,
ndr
) riguardava il sospetto di collusione con la camorra. Ma tutto si è risolto con l’assoluzione. In ogni caso - precisava ancora Della Rocca - ricordo che rappresento un’azienda che ha chiuso il bilancio in attivo. E le incombenze con la dogana sono ancora in fase giudiziaria. L’azienda non è fallita»
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