L’Ungheria sfida Bruxelles: si parte con i vaccini della Cina

Dopo le fiale del russo Sputnik, annunciate da Orbán le prime inoculazioni di Sinopharm
Il vaccino cinese Sinopharm è arrivato in Ungheria: Viktor Orbán ha annunciato il via alle inoculazioni
Il vaccino cinese Sinopharm è arrivato in Ungheria: Viktor Orbán ha annunciato il via alle inoculazioni

BELGRADO AstraZeneca riduce ancora le forniture alla Ue, scarseggiano in tutto il Vecchio continente gli antidoti prodotti da Pfizer e Moderna. E allora un Paese europeo, spesso in aperta contrapposizione con Bruxelles, decide di agire in completa autonomia. Sfidando a tutto tondo le direttive europee. È l’Ungheria del premier populista Viktor Orbán, Paese che ha fatto ieri un altro passo importante per la salute dei suoi cittadini, ma dirompente nei già conflittuali rapporti con Bruxelles. Passo che riguarda l’inizio della somministrazione in Ungheria del vaccino cinese Sinopharm, come il russo Sputnik ancora non approvato dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), poiché né Pechino né Mosca hanno presentato una richiesta alla Ue in questo senso.

Budapest ha però deciso di non aspettare luce verde dell’Ema. E dopo aver dato via libera all’uso di Sinopharm e aver ricevuto il primo lotto dalla Cina, abbiamo «iniziato a inoculare» agli ungheresi il vaccino ideato dal Wuhan Institute of Biological Products e da ricercatori Sinopharm a Pechino, ha informato il premier ungherese via Facebook. Si è trattato di una scelta obbligata, aveva ribadito Orbán nei giorni scorsi, quando aveva nuovamente criticato duramente Bruxelles, biasimando le «cattive decisioni» nel processo di accaparramento dei vaccini e lodando invece «Usa, Gran Bretagna, Israele e Serbia», tutte avanti all’Ue nella immunizzazione di massa. L’idea di Budapest è allora quella di “copiare”, in particolare il modello serbo, ricevendo sì le dosi concordate a livello Ue ma comprando da sola anche vaccini cinesi e russi. Si tratterebbe di saggia decisione dato che «la terza ondata minaccia l’Ungheria», ha detto Orbán, riferendosi agli ultimi dati epidemiologici e infischiandosene delle promesse della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha assicurato che l’Ue «sta recuperando» il gap acquisito nella corsa ai vaccini.

Budapest tuttavia non si fida e solo Sinopharm e Sputnik – anch’esso approvato da Budapest al di fuori delle regole Ue e già in uso in Ungheria - aiuteranno a contrastare realmente il virus. Si tratta di vaccini, quello russo e il cinese, «già somministrati a trenta milioni di persone in tutto il mondo senza problemi», ha rimarcato ieri la numero uno dell’Istituto di salute pubblica ungherese, Cecilia Mueller. E «non abbiamo alcuna ragione per ritardare» la loro somministrazione in Ungheria, ha concluso. La somministrazione dovrebbe essere molto rapida e capillare. Nei prossimi giorni, ha spiegato ieri il segretario di Stato del gabinetto Orbán, Istvan Gyorgy, si mira a usare 275mila dosi di Sinopharm: Budapest ne ha già ordinate 5 milioni per 10 milioni di abitanti, mentre 100mila dosi di Sputnik sono state consegnate lunedì, su un ordine di 2 milioni.

Circa 40mila ungheresi riceveranno invece questa settimana l’AstraZeneca, 52mila il Pfizer-BioNtech. L’obiettivo è arrivare a oltre 800mila dosi inoculate entro la settimana. E recuperare terreno. L’Ungheria ha finora somministrato 7,1 dosi totali di vaccino su cento persone, contro le 6,1 dell’Italia. Ma resta lontanissima dai migliori della classe: sono la Gran Bretagna (27,3 su 100), Malta (15), Serbia (14,5) e Danimarca (8,8), ma bene sta facendo anche la Romania (7,48). Molto male quasi tutti i Paesi balcanici, Serbia esclusa: la Slovenia è ai livelli italiani (6,98), la Croazia è ferma a 4,05, la Bulgaria a 2,1, l’Albania a 0,15, praticamente a zero Macedonia del Nord, Kosovo e Bosnia. —


 

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