L’Ungheria perde il presidente “copione”
BELGRADO. L’ultima stoccata gli è stata fatale. Troppo precisa, troppo dolorosa per il suo onore. Per un provetto schermidore, oro di squadra alle Olimpiadi di Città del Messico e di Monaco, non poteva esserci altra soluzione che ammettere la sconfitta, seppur con imperdonabile ritardo. Pal Schmitt, ex campione sportivo, già diplomatico, da ieri è anche un ex presidente della Repubblica d’Ungheria. È stato costretto ad abbandonare la massima carica dello Stato dopo che le accuse di plagio, presentate contro di lui dalla stampa locale, erano state comprovate anche dall’università che nel 1992 gli aveva conferito il dottorato.
Il caso era scoppiato a febbraio, quando due autorevoli testate magiare, Hvg e Index.hu, avevano indagato sulla tesi di Schmitt, intitolata “Analisi del programma dei moderni Giochi olimpici”. I media locali avevano scoperto che ampie parti della dissertazione, fino all’80%, erano in realtà state copiate dai lavori di due studiosi sportivi che mai avevano collaborato con il presidente. Dopo polemiche e infuocate diatribe interne, l’università “Semmelweis” aveva revocato la settimana scorsa il titolo a Schmitt, confermando che «larghe porzioni della tesi» altro non erano che «una traduzione letterale» di opere non citate. Un episodio simile era stato registrato in Germania nel marzo dell’anno scorso, quando il ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg, era stato costretto ad abbandonare tutti gli incarichi pubblici dopo che il suo dottorato era stato annullato per plagio. Seppur messo con le spalle al muro, Schmitt ha al contrario rifiutato di fare un passo indietro. Fino a ieri, quando le sue ultime resistenze sono state fiaccate dalle proteste della società civile e da voci di sanzioni in arrivo perfino dal Comitato Olimpico Internazionale, di cui Schmitt è membro dal 1983. Ieri pomeriggio il presidente si è così presentato davanti al Parlamento e ha pronunciato il suo testamento politico. «Quando vicende personali dividono la mia amata nazione invece che unirla, è mio dovere rassegnare il mandato di presidente», ha affermato. Schmitt ha poi ribadito che la revoca del dottorato e lo scrutinio accademico «non sono stati né etici né legittimi. Presenterò appello e cercherò giustizia in tribunale. Per alcuni, questo è un problema politico, per me si tratta di onore. E la mia coscienza è a posto».
Schmitt ha infine lasciato l’aula, accompagnato dall’uomo-forte di Budapest e suo strettissimo alleato, il premier Viktor Orban, mentre i parlamentari della Fidesz, partito di maggioranza del primo ministro e dell’ex presidente, gli tributavano una standing ovation. «La voce degli onesti ha sopraffatto la disonestà», ha dichiarato a caldo il leader dei socialisti, Attila Mesterhazy. Orban è corresponsabile e «non può pretendere di far finta di niente», ha dichiarato invece Gabor Vona, numero uno dell’estrema destra di Jobbik. Cosa succederà ora a Budapest? «Le dimissioni di Schmitt rappresentano un momento unico per la politica ungherese. È la prima volta che un politico di punta si dimette per effetto della pressione dei media e degli elettori, com’è un fatto inedito che si possa osservare una chiara divisione politica nella di solito estremamente compatta destra di Fidesz», spiega Tamas Boros, direttore del think-tank “Policy Solutions”. Sul piano degli equilibri politici, poco però cambierà. Per Boros, «Fidesz userà le dimissioni per dimostrare la propria “superiorità morale” rispetto ai socialisti, mentre l’opposizione inciterà alle dimissioni altri controversi politici di destra, in particolare il ministro dell’Economia, Gyorgy Matolcsy». Nel frattempo, il Paese dovrà scegliere un nuovo presidente, che sappia ricucire lo strappo con i cittadini, colmando il solco tra la presidenza e il Paese causato dallo scandalo. Quali i nomi da tenere d’occhio? Secondo Boros, i papabili sono due: «Il “falco” Laszlo Kover, l’attuale presidente del Parlamento magiaro», uno dei fondatori di Fidesz e uomo devoto al premier Orban. Oppure «la “colomba” Szilveszter E. Vizi, ex presidente dell’Accademia delle Scienze». Chiunque uscirà vincente dal prossimo conclave, di certo farà meglio di Schmitt, capo dello Stato-copione, in carica per 18 mesi, smascherato da una stampa che ha saputo fare il proprio dovere.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo