Lunedì il primo bebè goriziano a Monfalcone
Nascerà lunedì al Punto nascita unico provinciale di Monfalcone il primo bebè goriziano. Si tratta di un parto programmato.
Per goriziano s’intende ovviamente un bimbo (o bimba) la cui mamma ha seguito il percorso nascita a Gorizia. Di conseguenza potrebbe essere figlio di stranieri o di una coppia di qualche comune isontino.
Che sia rosa o azzurro quel fiocco sarà a suo modo un simbolo della controversa storia della sanità isontina.
È passata una settimana dalla burrascosa seduta del Consiglio comunale nella quale la presidente Serracchiani e l’assessore Telesca hanno ribadito la chiusura del Punto nascita di Gorizia e indicato gli effetti che la riforma della sanità regionale avranno nel territorio isontino.
Cominciano a filtrare le prime indicazioni sui contenuti della bozza della riforma. Per gli ospedali di Gorizia e di Monfalcone si potrebbe parlare di un ospedale “duetto”, nel senso che un sito avrà i reparti di degenza di determinati servizi e l’altro gli ambulatori e viceversa. Non ci dovrebbero essere doppioni.
Più complesso allo stato attuale intuire l’organizzazione della medicina territoriale su cui puntano molto Serracchiani e Telesca.
Intanto oggi alle 10, nella sala bianca del municipio, il sindaco Ettore Romoli e il presidente della Provincia Enrico Gherghetta terranno una conferenza stampa sul Punto nascita e sulla sanità di Gorizia.
Probabilmente chiederanno ufficialmente che la Regione rispetti i tempi dell’iter istitutivo della casa del parto al Parco Basaglia e, soprattutto, i contenuti e i tempi dell’accordo con l’ospedale di Sempeter. Sulla sanità transfrontaliera interviene il segretario provinciale del Pd Marco Rossi: «La riforma sanitaria riconosce che la cooperazione sanitaria transfrontaliera è un indirizzo strategico per la Regione su tutta l’area di confine. È una richiesta che avevamo formulato con forza e che la giunta regionale ha accolto dando voce ad una richiesta storicamente radicata nell’area isontina». L’obiettivo del Pd è arrivare a redigere in tempi certi, entro sei mesi dall'entrata in vigore della riforma, un piano di integrazione socio-sanitaria che individui priorità e tempi per la progressiva integrazione dei sistemi sociosanitari italiani e sloveni. «Per la prima volta si dettano tempi certi per concretizzare un percorso – spiega Rossi -. Per il sistema isontino è infatti fondamentale che la cooperazione transfrontaliera diventi un indirizzo strategico della programmazione regionale: quello che è sperimentabile nel nostro territorio, non riveste solo un’importanza per lo sviluppo dell’area isontina ma può diventare una buona pratica da esportare nel resto del Fvg».
Sanità transfrontaliera insomma. Ci arriviamo con la bellezza di 16 anni di ritardo rispetto alla circolare 12 del 4 settembre del 1998 con cui il ministro Rosi Bindi indicava le direttive per una concreta collaborazione anche con la sanità slovena. Direttiva evidentemente snobbata a Gorizia nonostante il prodigarsi di comitati, associazione e del senatore Darko Bratina. Ora ci arriviamo, meglio tardi che mai.
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