Luca e la sua vita da “Usca”: dieci ore con i più fragili: «Di sera stanco ma felice»

La testimonianza del 33enne Maschietto, una delle Unità speciali di continuità assistenziale individuate su base volontaria. Il suo compito è visitare decine di vecchini ogni giorno 
Luca Maschietto, 33 anni, ha deciso volontariamente di fare questo lavoro
Luca Maschietto, 33 anni, ha deciso volontariamente di fare questo lavoro

TRIESTE Sabato era il suo primo giorno di pausa. Dopo un mese no stop, sette su sette, disponibile dalle 8 alle 20, con una media di 8-10 ore di lavoro. Ha ricominciato ieri con la visita di una quarantina di pazienti, distribuiti in tre case di riposo. Mascherina, tuta bianca e guanti.

«Bardato così posso abbracciarli almeno un po’, i miei pazienti anziani, con le dovute precauzioni ovviamente: la mancanza d’affetto in questa situazione influisce soprattutto su coloro che soffrono di demenza senile». A parlare è Luca Maschietto, 33 anni, una delle 15 Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, distribuite sul territorio giuliano in turni da cinque. Lui è il referente Usca per le case di riposo. Gli altri quattro colleghi rispondono al numero verde della centrale operativa di Asugi (800614302), attivo “h24” tutto l’anno. «Raccoglie tutte le chiamate di tipo informativo, ad esempio “non trovo il medico di base”, “ho la febbre”, e di richieste di assistenza a bassa intensità», spiega Alberto Peratoner, responsabile della centrale operativa e del 118». Qui arrivano tutte le chiamate, 500-600 in media al giorno, con picchi di mille) che vengono smistate. Di queste 80-90 vengono indirizzate alle Usca.

Maschietto terminerà a gennaio la specialità di Medicina generale, come tanti suoi colleghi. Altri hanno già concluso l’ultimo step di studio e, in attesa di ottenere un posto come medico di famiglia, ricoprono questa figura nata proprio in supporto al territorio. Sono quella fetta dei tanti coraggiosi che in questa emergenza vanno a fare le visite a domicilio. Sono anche quelli che si cambiano nei pianerottoli, nei parcheggi e per strada. Dove capita. Da Usca Maschietto ha operato già durante la prima ondata in due case di riposo ad alta concentrazione Covid per tre mesi, quando le Usca erano comunque in numero uguale a ora, ma indirizzate soprattutto nelle strutture per anziani.

«Ora invece – commenta Maschietto – sono necessarie più figure sul territorio». Il decreto istitutivo ne prevedeva una ogni 50 mila abitanti. Un numero che a Trieste viene rispettato. Basta comunque una sola figura per le circa 90 case di riposo dell’area giuliana? “Sì, perché la maggior parte del lavoro lo fanno i distretti – spiega – e il personale delle case di riposo. Diciamo comunque che c’è una carenza ma è ubiquitaria in tutta Italia».

Le indicazioni su dove fare le visite gliele danno proprio i distretti. Somministra la terapia e quindi l’eventuale ossigeno, concorda gli spostamenti dei positivi, prescrive gli esami e l’isolamento e fa il tampone: «Da un mese ho anche un ecografo portatile fornito da Asugi per fare delle ecografie polmonari. Non sono un radiologo ma ho fatto dei corsi».

«Ho pensato subito di mettermi a disposizione per questa attività, che è su base volontaria», spiega: «All’inizio avevo un po’ di pensieri, ora la mia paura del contagio è pressoché nulla. Mia moglie è medico di base, capisce, prendo le precauzioni con mia nonna: non la vedo da tempo. Sono stanco ma so che a fine giornata ho fatto ciò che mi piace».

Il tempo non basta, ma Maschietto sta portando avanti pure uno studio con il primario di Neurologia di Cattinara Paolo Manganotti sull’effetto che il virus ha sul cervello. E la stanchezza svanisce ancora di più se si ha a che fare con persone di 108 anni, forti e tenaci: «Capita che la persona più anziana con il Covid stia molto meglio di chi è più giovane di lei».—


 

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