Luca, dalle orme di papà al “Babbo” di New York

La carriera fulminante nella ristorazione del 28enne Vesnaver, il figlio d’arte triestino diventato general manager del locale dei guru Bastianich e Batali
Di Laura Tonero
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Una carriera fulminante che da Trieste, e dai primi passi tra prosciutti cotti nel pane, jota e polpette, lo ha catapultato alla direzione di uno dei ristoranti più importanti di tutta New York, “Babbo”, a fianco dei guru della ristorazione Joe Bastianich e Mario Batali. Luca Vesnaver, 28 anni, la vocazione per la ristorazione ce l’ha impressa nel dna, è un “dono” di famiglia.

Di cucina, vini, posti a tavola, camerieri, ne ha sentito parlare fin da quando era nella culla. Al momento di decidere il “cosa farò da grande”, lui aveva ancora alcune perplessità. Tanto che si è laureato in Giurisprudenza con la convinzione di riuscire a dominare quella “vocazione” di famiglia. Ma l’aria respirata nella trattoria di famiglia “Da Giovanni” l’ha contagiato e, compiuti i 18 anni, Vesnaver - nei mesi estivi, di pausa per lo studio - è partito a più riprese per gli Stati Uniti alla ricerca dell’indipendenza, muovendo i primi passi nei locali dei guru della ristorazione Bastianich e Batali. Due mostri sacri del settore che lo hanno preso sotto la loro ala protettrice. «Nel 2008 sono tornato a Trieste, per un anno ho lavorato fianco a fianco con mio padre (Bruno Vesnaver, ndr) “Da Giovanni”», ricorda. «Poi - continua - sono stato chiamato a New York da Eataly».

Nel febbraio del 2012 il grande salto e la scelta di Bastianich e Batali di prenderlo nello staff di “Babbo” nel Greenwich Village. Pochi mesi come responsabile del servizio e poi la promozione, nel maggio dello stesso anno, a general manager del ristorante. Dove, come vicini di tavolo, è possibile trovare personaggi del calibro di Bill e Hillary Clinton, i componenti del gruppo musicale degli U2, dei Rem oppure Bruce Springsteen o Adele.

Chi si aspetta un ragazzo vulcanico ed espansivo come il padre sbaglia. Il giovane Vesnaver è riservato, silenzioso, introverso. Ma quando il lavoro lo richiede e le luci di “Babbo” si accendono sfodera tutta la sua professionalità mettendo da parte ogni perplessità e gestendo ormai con dimestichezza il rapporto con due pezzi da novanta come Batali e Bastiancih.

Le vacanze in Italia sono ormai occasione rara. «Tornando a Trieste - spiega - ho notato un grande cambiamento. Il centro città è pulsante, si vedono molti giovani, in ogni angolo del centro c’è un nuovo locale». Ma quali sono le differenze tra la ristorazione italiana e quella newyorkese? «Gli Stati Uniti dall’Italia dovrebbero importare l’ospitalità e il rapporto tra gestore e cliente - valuta - e i ristoratori italiani ne guadagnerebbero invece prendendo spunto dai locali di New York per migliorare l’organizzazione». Organizzazione che in un locale come “Babbo” non lascia nulla al caso. Bastianich e Batali sono macchine da guerra.

«Se in Italia in un ristorante di livello attorno ad un tavolo ruotano due professionalità, sommelier e cameriere - spiega - in un ristorante come “Babbo” (in media 300 clienti al giorno, ndr) le figure che si prendono cura del cliente sono almeno il doppio: general manager, cameriere, sommelier, porta piatti e sparecchia tavoli». A favore del servizio offerto da un locale negli Stati Uniti gioca il rapporto contrattuale con i camerieri. «Lì il personale di sala non incide sui costi - riferisce Vesnaver - visto che il proprio stipendio lo realizza con le mance». La carriera di Vesnaver verosimilmente non si fermerà qui. Ma ipotizza in futuro un ritorno in Italia, a Trieste? «Mio padre non ha bisogno di me, riesce a gestire benissimo i locali nei quali si è impegnato - riconosce il giovane manager - e comunque anche nel resto d’Italia non riuscirei a trovare, a parità di ruolo, un trattamento e stimoli simili a quelli che ricevo da Bastianich e Batali. Sto bene a New York».

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