Lubiana senza forza lavoro «Migranti unica soluzione»

Industriali e analisti: cresce il Pil, sì a una politica che garantisca 30 mila arrivi l’anno

LUBIANA. A.A.A. operaio qualificato cercasi. È questo in estrema sintesi l’annuncio di lavoro che industrie e piccole e medie imprese della Slovenia potrebbero fare sui principali quotidiani del Paese. Sì, perché la Slovenia è uscita dal tunnel della crisi. Erste Group ha aggiornato le sue stime per la crescita del prodotto interno lordo della Slovenia per il 2018, portandole da un precedente +4% all'attuale +4,5%. Gli analisti di Erste, in un “macro outlook” pubblicato mercoledì scorso, hanno giustificato l'upgrade sulla base delle «robuste performance» del Pil sloveno nel 2017 (+5% l'anno scorso), tenendo conto anche delle buone «performance dell'export», che hanno mantenuto il loro ruolo positivo nella crescita, e del «rafforzamento della domanda interna». Secondo le stime di Erste Group, la disoccupazione in Slovenia continuerà a scendere, dal 6,8% del 2017 al 6,3 nel 2018 fino al 5,8% del 2019.

Numeri estremamente positivi, l’economia corre, gli ordinativi arrivano, ma le aziende non riescono a coprire le offerte, in pratica non riescono a crescere per la mancanza di manodopera. Un indagine dell’agenzia Manpower ha dimostrato che per il 2018 le aziende slovene di produzione avrebbero bisogno di un più 31% di occupati, bar e ristoranti e logistica un più 19%, aumenti talmente alti che non hanno pari in nessuna parte al mondo visto che il sistema produttivo sloveno nel suo insieme registrerà nell’anno in corso un più 17%. Nel 2017 i nuovi posti di lavoro sono stati 74 mila contro i 24 mila dell’anno precedente.

Ma il grido di allarme giunge non solo dai datori di lavoro ma anche dalle agenzie come Adecco che sostengono come, se quest’anno industrie, aziende, alberghi e ristoranti hanno potuto scegliere chi assumere o no, con il prossimo anno trovare chi sia disposto a lavorare in Slovenia sarà quasi impossibile. E ciò soprattutto nei lavori dove basta un’istruzione media (la fuga dei cervelli è avvenuta da tempo) come autisti, custodi, magazzinieri, commessi e venditori, meccanici, muratori, addetti alle pulizie, tornitori, camerieri e cuochi.

Inoltre, sostiene l’Ufficio di analisi macroeconomiche e sviluppo (Umar), un istituto pubblico, a tutto ciò si aggiunge la bassissima crescita demografica del Paese che diminuisce di fatto l’offerta di forza lavoro. Secondo le stime dell’Umar la Slovenia a causa della scarsa crescita demografica perde ogni anno 8 mila potenziali lavoratori. Quale dunque la soluzione a questa mancanza di forza lavoro? L’Ufficio di studi macroeconomici non esita a rispondere sulle colonne del settimanale Mladina, che l’unica soluzione è «una politica migratoria che garantisca l’arrivo di forza lavoro dall’estero e la sua integrazione». Umar ha anche calcolato che servirebbe l’arrivo di 30 mila migranti all’anno per risolvere il problema e pensare che nel 2017 la Slovenia ha concesso solamente 7.362 permessi di residenza stabile a stranieri. Il fantasma, dunque, che l’arrivo dei migranti metterebbe a rischio i posti di lavoro per gli sloveni è del tutto inesistente, tuttavia i permessi di soggiorno per motivi di lavoro emessi dal ministero del Lavoro sono pochi: 7 mila nel 2016 e 12 mila nel 2017. E il saldo tra chi lascia il Paese e chi arriva è di circa un più 500 all’anno. Insomma la Slovenia da popolo di “gastarbeiter” a nazione che rischia di dover frenare il proprio sviluppo per mancanza di forza lavoro.

 

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