Lubiana non molla la lotta: bici in piazza contro Janša
LUBIANA È strana la Slovenia, se si andasse oggi alle urne vincerebbe nuovamente il Partito democratico (Sds) del premier Janez Janša, eppure anche venerdì sera per la quinta settimana di seguito, oltre ottomila persone hanno inforcato la loro bicicletta e si sono riversate nelle strade della capitale Lubiana per manifestare proprio contro il governo di Janez Janša, reo, a loro detta, di aver instaurato un esecutivo autocratico approfittando dello stato di emergenza determinato dalla pandemia di Covid-19.
E hanno “urlato” la propria rabbia suonando i campanellini delle loro bici, suono che, a detta del ministro degli Interni Alojz Hojš dà molto fastidio ai poliziotti schierati per garantire l’ordine pubblico. Venerdì gli unici “disordinati” sono stati coloro i quali con i gessi hanno iniziato a scrivere slogan sulle sedi dei vari partiti politici sloveni nella capitale e sono stati sanzionati dagli agenti.
Per il resto nessuno scontro. Questa volta assieme ai manifestanti in bici c’erano anche molti arrabbiati a piedi e un pubblico che seguiva la “corsa” di protesta lungo le vie con lunghi ed appariscenti cartelloni pieni di slogan contro il premier Janša. Il culmine della protesta, come al solito, in piazza della Repubblica davanti al Parlamento. Questa volta tutti i presenti hanno voltato la schiena al palazzo che ospita i deputati e hanno osservato due minuti di silenzio in memoria, il primo per il governo, il secondo per la democrazia, entrambi “deceduti” in Slovenia.
Le proteste, con meno partecipanti, si sono registrate anche nelle altre principali città del Paese e, dato curioso, una decina di “arrabbiati” sloveni ha manifestato addirittura nel centro di Berlino, con la propria bici, suonando il campanello e facendo roteare al vento alcune la bandiere della Slovenia sotto gli sguardi interrogativi dei tedeschi di passaggio.
A Lubiana uno degli agenti di polizia ha afferrato un manifestante e gli ha notificato la violazione dell’articolo 13 della legge sull’ordine pubblico e la pace, che «proibisce il disegno e i graffiti sul terreno in luoghi accessibili al pubblico». Vale a dire, il manifestante ha scritto in gesso davanti all’ingresso del quartier generale del partito Smc: «È tempo di dimettersi! » Gli agenti di polizia lo hanno multato per questo atto. «Abbiamo così scoperto – ha affermato un partecipante – che nel 2020 in Slovenia è ovvio che scrivere con il gesso sul pavimento è un crimine che può potenzialmente essere represso con il fermo di una persona».
Le proteste sono iniziate come azioni dai balconi durante l’epidemia di Covid-19, e ad aprile, quando il governo ha allentato le prime misure per prevenire la diffusione del virus, i manifestanti hanno preso le bici. Le proteste sono coordinate attraverso i social network online da diverse iniziative e singoli individui. I manifestanti criticano il governo nei confronti di una serie di mosse, tra cui presunte irregolarità nell’approvvigionamento di equipaggiamenti di protezione da Covid-19, maggiori poteri di polizia, sforzi per inviare truppe al confine, attacchi ai giornalisti e restrizioni sul lavoro delle Ong.
Per la polizia il problema è individuare chi soggettivamente organizza le proteste. Fino ad ora gli agenti sono scivolati sulle viscide reti del web. –
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