Lubiana, la strage delle famiglie rom uccise dai partigiani

Trovati 53 corpi in una fossa comune: eliminati nel 1942 per timore che divenissero spie al soldo degli italiani
LUBIANA. Etnia disperata quella dei rom, perseguitati dai nazisti e dai fascisti. Non vennero risparmiati nemmeno dai partigiani di Tito. La conferma giunge da una fossa comune ritrovata nella periferia di Lubiana dagli esperti e studiosi della Commissione governativa per i cimiteri sepolti. La macabra scoperta è avvenuta nel sobborgo di Ig, su quello che veniva chiamato il prato di Benkov. Gli scavi hanno portato alla luce gli scheletri di 53 persone, tutte di etnia rom che furono state giustiziate dai partigiani nel maggio del 1942 durante l’occupazione italiana di Lubiana. In quel periodo i partigiani erano riusciti a liberare alcune aree della capitale e avevano iniziato a istituire i propri tribunali. L’uccisione dei rom sarebbe dovuta, secondo gli storici sloveni, al fatto che i partigiani avevano paura che gli stessi fornissero notizie e informazioni alle truppe italiane, vuoi perché costretti cona la forza dagli occupatori, oppure in cambio di denaro.


Le prime opere di sondaggio del “prato maledetto” sono avvenute nel 2015. Nell’ottobre di quest’anno invece gli archeologi, dopo i primi scavi, hanno confermato l’esistenza di una fossa comune. Gli scavi veri e propri che hanno portato al ritrovamento sono iniziati il mese scorso. Gli operatori hanno così rinvenuto sette fosse, tre nelle quali c’era un solo scheletro, due dove le vittime erano due, e due fosse comuni. I resti sono di uomini e donne, tutti civili, ma anche di bambini. E il tragico “inventario” fa rabbrividire. Nella fossa comune più piccola sono stati rinvenuti 12 cadaveri, in quella più grande 34. Ventisei delle vittime avevano un’età superiore ai vent’anni, di questi 14 uomini e 12 donne, tra queste c’era anche una donna incinta al suo ultimo mese di gravidanza; gli studiosi hanno trovato anche tracce del feto.


Inoltre due scheletri recuperati erano di ragazzi giovani tra i 15 e i 17 anni, venticinque i resti di bambini minori di 14 anni. In una delle fosse venne gettato un bambino di circa 4 anni, mentre in una delle due fosse comuni c’erano un bimbo di un anno, otto bambini tra i due e i sei anni e quattordici tra i sette e i 13 anni.


Sui resti sono state ritrovate ferite da arma da fuoco e bossoli calibro 7,2 e di 9 millimetri. Accanto ai cadaveri c’erano anche oggetti personali come bottoni, spille, portafogli e pettini, il che conferma senza ombra di dubbio che si tratta di vittime civili. Per la Commissione governativa si trattò di una strage preventiva - in questo caso di due famiglie rom - con lo scopo di evitare che le stesse facessero opera di spionaggio a favore dell’occupatore fascista fornendo notizie sugli spostamenti delle unità partigiane.


La magistratura slovena ha aperto un fascicolo e la polizia, grazie ad alcuni documenti e alla testimonianza di persone che vivevano all’epoca nell’area dell’eccidio, avrebbe anche alcuni nomi degli autori della strage. Il criminalista Pavel Jamnik ha spiegato alla Rtv Slovenija che le indagini hanno portato «a individuare quattro nomi assime al proprio nome di battaglia partigiano, ma tutti sono già morti». «Le indagini comunque continuano - ha spiegato Jamnik - e se dovessimo trovare qualche responsabile ancora in vita» questo verrà acussato di strage. Gli inquirenti sanno a quale squadra partigiana appartenevano i fautori dell’eccidio dei rom e ora stanno cercando negli archivi i singoli nominativi.


Secondo i dati oggi disponibili, all’inizio della Seconda Guerra mondiale vivevano in Slovenia fra i 300 e i 400 rom. Di questi circa 150 furono uccisi dai partigiani, un centinaio invece dai militari italiani tenendo così fede alle regole dell’Olocausto che prevedevano lo sterminio di rom e sinti. I nazisti, infatti, tra il 1939 e il 1945 sterminarono, secondo alcune stime, mezzo milione di rom; altre parlano addirittura di un milione. La sera del 2 agosto del 1944 le autorità naziste chiusero il settore dei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau dedicato agli zingari (Zigeunerlager) e in una solo notte sterminarono nelle camere a gas più di 3mila tra rom e sinti. La Germania riconobbe la strage di rom ufficialmente solo nel 1982, mentre l’Europarlamento nel 2015 ha sancito che l’eccidio dei rom va considerato come «un fatto storico».


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