Lubiana in frenata sulle privatizzazioni

Nel nuovo “patto di governo” non c’è alcun accenno alla seconda fase dell’operazione. Socialdemocratici contrari
Di Mauro Manzin

TRIESTE. Superato lo “scoglio” politico della fiducia, ottenuta in Parlamento sulla legge di stabilità alla fine dello scorso anno, il governo sloveno capitanato da Alenka Bratušek (Slovenia positiva) avrebbe dovuto ripartire con maggiore slancio per guidare il Paese fino alle elezioni politiche del 2015. Ma dopo aver “scollinato” evitando l’intervento della Troika europa nella complessa crisi economica e finanziaria del Paese ora la premier si trova invischiata in una sorta di carta moschicida srotolata dai suoi stessi partner di coalizione. E così lo “slancio” ottenuto con la fiducia sembra già essersi esaurito e con esso anche alcune importanti decisioni politiche, prima fra tutte quella relativa alle privatizzazioni. I partner di maggioranza, infatti, durante il vertice che ha preparato il documento su cui si reggerà il governo Bratušek 2 (ci sarà anche un mini-rimpasto con la sostituzione dei due ministri dimissionari di Sanità ed Economia) hanno dato una forte frenata alla seconda fase della vendita delle azioni in aziende dello Stato. Ad alzare la posta è stato soprattutto il leader dei socialdemocratici Igor Lukši› da sempre fortemente critico nei confronti della vendita dei “gioielli” di casa. Così nel documento che sarà presentato oggi ai deputati di maggioranza non ci sarà cenno alcuno alla seconda fase di privatizzazione. Restano sul mercato le 14 aziende comprese nella prima fase ma poi, a quanto sembra, il processo è destinato a esaurirsi. Lukši› poi può “alzare la voce” anche alla luce degli ultimi sondaggi che danno il suo partito al primo posto nelle intenzioni di voto con una cifra quasi doppia rispetto alla formazione politica della premier. Sul versante opposto si muove invece il leader della Lista nazionale e ministro degli Interni Gregor Virant il quale ritiene invece ineludibile il proseguimento dell’iter di privatizzazione «visto che lo Stato - ha detto - non si è dimostrato un buon padrone», dopo un’attenta valutazione delle singole realtà che vanno messe sul mercato. Tra i due opposti c’è la Bratušek che deve tenere insieme l’esecutivo in un equilibrio sempre molto precario. Infatti a “sparare” ci si mette anche il partito dei pensionati (Desus) guidato dal vicepremier e ministro degli Esteri Karl Erjavec il quale ha chiaramente criticato quanto emerso dal vertice di maggioranza. «Stiamo rischiando di restare un governo destinato a svolgere solo l’ordinaria amministrazione, come è stato nell’anno appena passato, e senza la forza e la volontà di portare a termine le riforme strutturali di cui il Paese ha un assoluto bisogno». Governo che resta altresì debole per i problemi del suo ministro alle Infrastrutture Samo Omerzel (una mozione di sfiducia sarà discussa a fine mese), per le accuse della magistratura a carico del ministro della Difesa Roman Jaki› e ora con anche il leader socialdemocratico Lukši› in odore di accuse di corruzione cui sta per fare buona compagnia anche il ministro dell’Istruzione Jernej Pikalo anche lui socialdemocratico.

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