Lubiana guida la ripresa nei Balcani
ZAGABRIA. I Balcani escono dalla crisi. Questo è, in sostanza, il messaggio lanciato l’altro ieri dalla Commissione europea, in occasione dell’abituale pubblicazione delle previsioni economiche di primavera.
Tutti i paesi del Sud-Est europeo registreranno infatti un aumento del proprio Pil nei prossimi due anni, anche se con tempi e modalità diverse. In Slovenia, l’unico paese della regione ad essere al tempo stesso membro dell’Ue e della zona euro, l’economia nazionale crescerà del 2,3% nel 2015 e del 2,1% nel 2016, secondo le stime di Bruxelles. Già l’anno scorso, Lubiana era passata al segno “più” (+2,6% nel 2014) e l’analisi dell’esecutivo europeo conferma ora la fine della recessione. «Alla base di questa crescita ci sono le esportazioni e gli investimenti, frutto da un lato dell’ottimismo dei mercati europei e dall’altro del buon atteggiamento delle autorità locali nell’uso dei fondi europei - commenta Maks Tajnikar, docente di Economia all’Università di Lubiana - la Slovenia vive ora una crescita che si può definire “robusta”, ma che rimane legata dall’andamento dei mercati esteri, visto il ruolo importante delle esportazioni».
Nei prossimi due anni, il tasso di disoccupazione rimarrà importante (superiore al 9%), ma in linea con la media europea. La Slovenia guida quindi la ripresa nei Balcani e, secondo l’economista di Lubiana, l’economia del paese trae un paradossale giovamento anche dalla crisi politica dell’anno scorso. «Grazie a Dio, nel 2014 non abbiamo avuto un vero e proprio governo, quindi nessuno ha potuto continuare con la politica di austerità messa in atto nel 2012 e da cui ci sono voluti due anni per riprenderci». Ma il lavoro non è finito e diverse riforme rimangono comunque all’ordine del giorno del governo di Miro Cerar: sistema pensionistico, sanità, educazione e lavoro.
Anche nella vicina Croazia, in recessione da sei anni, la crescita tornerà a fare capolino quest’anno. Con un modestissimo +0,3% nel 2015 e un più consistente +1,2% nel 2016, Zagabria chiuderà così il lunghissimo capitolo della crisi. «Abbiamo creato le condizioni per una crescita stabile e sostenibile” si è rallegrato il vice Primo ministro Branko Grcic. Ma in realtà, l’aumento del Pil previsto per la Croazia rimane “marginale” e dovuto più agli stimoli esterni (veloce ripresa nei Paesi circostanti e basso prezzo del petrolio) che alle dinamiche interne. Inoltre, il Commissario europeo Pierre Moscovici ha assicurato che «la crescita economica in Croazia sarà troppo bassa per stimolare un aumento dell’occupazione». Da qui al 2016, insomma, i disoccupati continueranno a rappresentare il 17% della popolazione. Infine, la Commissione europea evidenzia con preoccupazione l’aumento del debito pubblico croato, che passerà dal 63,7% del Pil nel 2011 al 93,9% nel 2016. Più a Sud nella penisola balcanica, l’economia volge lentamente alla ripresa, almeno stando ai parametri macroeconomici della Commissione. La Serbia passera al segno più nel 2016 (+1,2%) mentre quest’anno il suo Pil calerà di nuovo, anche se soltanto dello 0,1%. Faranno molto meglio Macedonia, Montenegro ed Albania. A Skopije, l’aumento del Pil sfiorerà il +4% sia nel 2015 che nel 2016, mentre a Podgorica e Tirana, l’anno 2015 si chiuderà con un abbondante +3%.
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