Lubiana, cambiano i pesi nel governo, Zagabria riscopre il bipolarismo

In Slovenia vince la destra di Janša, terzo il partito del premier superato dai socialdemocratici pronti a reclamare più spazio

LUBIANA Il paradosso sloveno della destra che vince ma non governa si è ripetuto anche in queste elezioni europee, che avranno comunque ricadute minime sulla coalizione di governo. Minime in quanto l’alleanza che governa non si tocca visto che poi si regge sull’appoggio esterno di Levica (Sinistra). Ma al suo interno qualcosa potrebbe succedere. È il caso del ministro della Difesa Karl Erjavec, leader del Partito dei pensionati (Desus) che, nonostante la sua rete ben radicata sul territorio, ha subito alle urne europee un pesante debàcle (5,66%). Nell’occhio del ciclone per un uso maldestro dei servizi segreti e con una mozione di sfiducia depositata in Parlamento dall’opposizione, potrebbe anche essere indotto alle dimissioni.



Chi non sorride è anche l’ex premier e attuale ministro degli Esteri Miro Cerar. La sua formazione politica infatti (Smc) non va oltre un catastrofico 1,60%, dietro anche ai “leghisti” di Dom (1,71%). Per il suo partito c’è dunque il rischio che subisca la sorte dei suoi predecessori guidati da leader assurti al rango di premier quasi da debuttanti in politica e poi dissoltisi nel dimenticatoio delle ideologie. Non se la passa bene neppure il premier in carica Marjan Šarec che porta sì a casa due eurodeputati, ma con il 15,58% della sua lista (Lmš) che si vede superare a sinistra dai socialdemocratici che diventano secondo partito (18,64%) dietro la Sds di Janez Janša (26,43%) assieme però ai popolari (Sls).

Gli equilibri all’interno della coalizione sono mutati e i socialdemocratici potrebbero, a questo, punto, chiedere un maggiore peso nella guida del Paese. Difficile prevedere però una crisi dell’esecutivo perché consegnare il Paese nelle mani di Janša, che queste europee hanno confermato leader indiscusso di una destra che rischiava di sfaldarsi in una sorta di spezzatino sovranista, romperebbe gli schemi della realpolitik di Lubiana. Janša premier, lui fido discepolo del premier ungherese Viktor Orban, non è neanche il sogno del presidente della Repubblica Borut Pahor.

La Croazia, invece, ritorna al passato e cioè a un Paese diviso politicamente in due blocchi, quello di centrodestra guidato dall’Hdz del premier Andrej Plenković che si conferma primo partito col 22,72%, e quello del centrosinistra dei socialdemocratici Sdp col 18,71% che riescono così a fermare un’emorragia di voti che ha contraddistinto le ultime elezioni politiche. Bipolarismo, anche perché formazioni che in passato sono state l’ago della bilancia politica e di maggioranza con percentuali a due cifre come Most sono crollate.

Nessun eurodeputato, un risicatissimo 4,87% di voti (13,51% alle politiche) e una pesante bufera intestina. Fonti interne spiegano che molti voti “storici” di Most sono andati alla Lista Kolakušić, quell’ex magistrato che ha occupato Internet con una campagna aggressiva sui social network e annunci pubblicitari pagati su Google. «È stato votato da giovani elettori, un voto di protesta - spiegano a Most - che un tempo finiva al nostro partito. Un nuovo volto, un ex giudice che promette di combattere la corruzione. Di fatto, tutto ciò che il Ponte ha urlato una volta fino a quando non è andato in coalizione con l'Hdz due volte, e in seguito è diventato l'opposizione più forte al governo Plenković. Apparentemente il Ponte non è riuscito a mantenere il suo elettorato, che a un certo punto è diventato abbastanza stabile. È sorta una nuova opzione che afferma di combattere la corruzione». «D'altra parte - ammettono a Most - avevamo anche una lista piuttosto debole».

Spunta invece un fronte sovranista con l’omonimo partito che ottiene l’8,52% dei voti tallonato proprio dall’ex giudice nazionalsovranista imbevuto di populismo. Quel populismo che ha tradito invece Živi Zid, fratellino balcanico dei Pentastellati di Di Maio, populismo e socialismo di denuncia che in Croazia non trovano spazio. Le europee, infatti, hanno confermato il carattere prettamente ideologico del voto nel Paese dove il nazionalismo resta il suo asse portante, nazionalismo sbandierato dalla destra dell’Hdz ma coccolato anche dalla Sdp cui il conflitto sui confini nazionali con la Slovenia ancora aperto e i piccoli ma continui incidenti tra i pescatori nel Golfo di Pirano nonché la crisi diplomatica in atto con la Bosnia-Erzegovina dove proprio i croati chiedono di assurgere alla dignità di entità alla pari di serbi e bosgnacchi hanno creato una forte base di voti. —


 

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