Lubiana alle prese con un’impennata di disoccupazione
ZAGABRIA Se la Slovenia celebra la fine dell’epidemia da Covid-19 con uno spettacolare sorvolo di caccia F-16 Usa decollati dalla base americana di Aviano, seguiti da una formazione slovena di Pilatus che ha attraversato in senso orario tutto il Paese, e la Croazia spolvera i suoi lettini da spiaggia e offre pernottamenti a buon prezzo negli hotel a 5 stelle, le economie dei due Paesi ex jugoslavi sono uscite dalla prima ondata di pandemia con le ossa rotte. E, in un momento che, soprattutto per la Croazia faceva sperare in un vero e proprio mini boom, trainato ovviamente dall’industria dell’ospitalità che da sola fa il 20% del Pil nazionale.
Il governo di Zagabria guidato dal premier Andrej Plenković prevede un crollo del Pil del 9,4% per quest’anno e un aumento del 6,1% per il 2021 (in Europa faranno peggio solo la Grecia e l’Italia, secondo l’Fmi). Si tratta ovviamente di proiezioni che lasciano il tempo che trovano dato che non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze a lungo termine della pandemia, se ci sarà una seconda ondata di contagi e quando potrà definirsi davvero chiusa la crisi legata al Covid–19. Fino a questa primavera, la Croazia andava nella buona direzione, come confermato anche dalla Commissione Ue che sul suo sito indica ancora una proiezione di crescita del Pil croato del +2,6% per il 2020 e del +2,3% per il 2021. La pandemia e il lockdown sono dunque innanzitutto una brusca battuta d’arresto in questo percorso.
Ma i vari rapporti economico-finanziari sulla Croazia indicano anche i punti deboli del Paese, che ora potrebbero venire accentuati. Sorprendente a questo proposito è la frase che si trova in un rapporto del Fmi del dicembre 2019. Riferendosi alla crescita economica croata degli ultimi 5 anni, il Fondo ammette che «una buona parte di questa, può essere attribuita alla “fortuna”, ovvero a condizioni globali favorevoli che hanno permesso un boom turistico». Decisamente non un buon punto di partenza per affrontare ora condizioni globali decisamente avverse. Infatti la fortuna è finita, basta dare uno sguardo ai dati sulla disoccupazione aumentata ad aprile di 16.497 unità, mentre negli anni passati in questo periodo calava drasticamente grazie alle assunzioni dei lavoratori stagionali del turismo. Anche per questo Zagabria ha lanciato un'ampia campagna promozionale rivolta ai turisti di sette mercati europei che sono: Slovenia, Austria, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia.
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Il Fondo monetario internazionale prevede che il Pil sloveno diminuirà quest’anno dell’8%, una percentuale più alta rispetto a quella del 2009. La previsione precedente era di un + 2,4%. Per il 2021 si prevede invece una crescita del 5,4%. Contestualmente, quest’anno dovrebbe aumentare al 9% (dall’attuale 4,6%) il tasso di disoccupazione. L’Fmi nel suo ultimo World Economic Outlook, nel parlare di una crisi senza precedenti a livello mondiale, ha previsto che tutte le maggiori economie dell'Europa centro-orientale subiranno nel 2020 un pesante impatto negativo non solo a causa della pandemia di coronavirus, ma anche del cosiddetto "grande lockdown", le misure restrittive adottate per contenere il diffondersi dell'epidemia.
Le previsioni fanno seguito a quelle della Banca Centrale di Slovenia che il 31 marzo aveva già ipotizzato che il prodotto interno lordo sloveno nel 2020 potrebbe contrarsi, su base annua, nell’ambito di una forchetta dal 6,2% al 16,1% in relazione alla durata delle misure restrittive ed alla velocità di ripresa del Paese. Secondo la Banca, dal punto di vista del valore aggiunto ne risentiranno maggiormente le attività di commercio, trasporto e stoccaggio, alloggio e ristorazione (da -13,9% fino a -35,2%) seguite dal comparto manifatturiero (tra il -9,9% e il -21,6%). —
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