Lotta contro l'Aids, scoperta mondiale a Trieste
Che il problema dell’Aids sia dovuto alla proprietà del virus di inserire il proprio Dna in quello delle cellule che infetta e diventare così parte del loro patrimonio genetico era cosa nota da tempo. Ma perché il virus scelga soltanto alcuni dei 20mila geni umani per integrarsi e, soprattutto, come riesca all’interno di questi geni a nascondersi ai farmaci è rimasto finora un enigma.
Enigma ora però risolto grazie a un gruppo di ricerca dell’Icgeb di Trieste: fotografando la struttura del nucleo delle cellule infettate dal virus, infatti, il team di ricercatori triestini ha scoperto che il virus integra il proprio Dna vicino al guscio esterno che delimita il nucleo, in corrispondenza alle strutture del poro nucleare da cui il virus stesso ha avuto accesso all’interno. Il risultato della ricerca è stato pubblicato oggi dal sito della rivista scientifica per eccellenza Nature.
«E’ come quando entriamo in una sala cinematografica al buio - spiega il direttore dell Icgeb Mauro Giacca, che ha diretto la ricerca -: i posti più comodi magari sono quelli più lontani, ma quelli più facili da raggiungere sono vicini alla porta d’ingresso ed è li che ci sediamo. Ma inserendosi nei geni vicino alla porta d’ingresso, ecco che la probabilità che il virus si nasconda ai farmaci diventa più alta: questo è il motivo per cui oggi riusciamo a rallentare la progressione verso l’Aids ma non riusciamo a eliminare l’infezione».
Dall’inizio degli anni ’80, quando l’epidemia di Aids cominciò a dilagare, quasi 80 milioni di persone sono state infettate dal virus secondo le stime dell’Oms, ma nemmeno una di queste risulta essere stata capace di guarire definitivamente. La nuova scoperta ora mostra come sia proprio l’architettura del nucleo dei linfociti e le zone che il virus sceglie per localizzarsi a favorire il suo mascheramento e a impedire quindi ai farmaci oggi disponibili di sconfiggere definitivamente la malattia. Lo studio triestino, quindi, permette di compiere un importante passo verso lo sviluppo di nuovi farmaci che possano portare ad una cura.
La ricerca è stata condotta dai ricercatori dell’Icgeb in collaborazione con il Dipartimento di Medicina dell’Università di Trieste, l’Università di Modena e il Genethon di Parigi.
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