L’ostilità delle habituè verso le nuove arrivate

Sotto accusa la scelta di entrare in acqua vestite: «Non è igienico. Devono rispettare le nostre regole»

«Non è una convivenza pacifica» afferma Marcella, habitué della zona balneare di Barcola ma che, per problemi logistici, qualche volta va anche al Pedocin. A sentire lei e altre bagnanti locali il rapporto con le donne musulmane che frequentano lo stabilimento non è dei migliori. Non si parlano: «Come si fa a comunicare con loro?», si chiede una signora. «Anzi, guai a dire qualcosa» aggiunge la vicina di sedia. «Non è igienico», spiega una triestina riferendosi all'utilizzo da parte delle donne musulmane di andare vestite in acqua.

Questione di pulizia, dunque, il problema, secondo alcune problema. Anche se in realtà le donne che s'immergono in acqua vestite usano il burkini, il costume, per coprire il più possibile il proprio corpo, o degli indumenti che poi si cambiano. Diversi risultano i fattori che lasciano le donne triestine titubanti su una possibile coabitazione nella stessa spiaggia. «Non si riesce a capire perché devono andare in acqua tutte vestite. È la loro religione, va bene - accetta inizialmente una signora -, ma in altri Paesi è stato vietato, come a Cannes e in Germania. Dovrebbero iniziare a vietarlo anche qui».

A rendere le relazioni particolarmente tese c'è poi la richiesta delle habituè, rivolta alle donne musulmane, di non sostare sulla parte in cui vengono appesi i vestiti. Per quale motivo? «Si mettevano a mangiare, si appoggiavano sui vestiti e spruzzavano l'olio ai bambini con gli abiti dietro - spiega una signora -. Provavamo a dire qualcosa, ma loro inveivano addirittura contro di noi». Di qui la scelta della direzione dello stabilimento di appendere un cartello: «Non stendersi davanti all'appendiabiti». «Se cercassero di parlare, di colloquiare e di fare un po' di amicizia, saremmo molto contente - auspica una donna -, ma loro sono chiuse, non rivolgono proprio la parola a nessuno». «Io sono un'ex migrante, ho vissuto in Australia - dice l'amica -. Ho sempre rispettato le regole del Paese che mi ospitava, anche quelle che mi davano fastidio: pretendo quindi la stessa cosa qui, mi pare giusto».

Leggendo un libro, Patrizia, al pensiero di questi volti coperti, scosta subito lo sguardo dalle pagine e s'innervosisce: «Questo nascondersi è una cosa inaccettabile. Da una parte capisco la loro cultura, ma poi analizzando dico che non è libertà».

L'unica voce fuori dal coro è quella di Francesca, in spiaggia con il nipotino. Rimane allibita dai commenti delle sue concittadine rivolte alle donne musulmane che vengono a fare il bagno con il burkini o con altri indumenti diversi dal tradizionale costume occidentale. «Ognuno rispetta la persona - spiega - per me non è un discorso di religione, ma di persona e nient'altro. A me non dà nessunissimo fastidio o disturbo. Si devono rispettare le idee». All'illazione di qualcuno per cui «i loro vestiti in acqua inquinano» Francesca risponde: «C'è ben altro che inquina, non le donne che vanno in acqua vestite».

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