Lorenzo Pilat porta sul palco la tradizione canora triestina

di Gianfranco Terzoli
TRIESTE Annuale recital dal vivo al Rossetti per il cantautore triestino Lorenzo Pilat, che oggi sarà protagonista di una serata da one man show con le sue canzoni e il suo modo carismatico di polarizzare il pubblico. Del resto, lo ammette lui stesso: «mi piace sorprendere il pubblico», che ogni anno per vederlo viene apposta in pullman da tutto il Triveneto. Ecco allora Pilade, come era noto ai tempi in cui faceva parte del Clan di Celentano, offrire un saggio di tecnica nell'interpretazione di pezzi come "Be bop a lula" dove simula l'effetto eco, "Mule skinner blues" dove per la moltitudine di suoni che riesce a emettere sembra di sentire un'orchestra e "Sixteen tons", in cui da note bassissime passa improvvisamente ad altissime. In "The House of the rising sun" e "Unchained melody" tra voce e falsetto riesce a toccare ben 44 note del pianoforte. Autore di canzoni cantate in tutto il mondo, vincitore del primo Festivalbar, protagonista della canzone italiana prima nel Clan di Celentano e quindi come autore da milioni di copie assieme a Pace e Panzeri, Lorenzo Pilat darà vita a uno spettacolo di quasi due ore dove il pubblico viene regolarmente coinvolto in canti collettivi e potrà ridere per le battute e gli aneddoti che Pilat è solito raccontare nei suoi attesi spettacoli. Attesi perchè come spiega egli stesso «Ho scelto di non inflazionare con la mia presenza: esco con un cd ogni due anni e tengo un concerto all'anno: il risultato è che la gente mi chiama per prenotarsi già mesi prima». E i giovani? «Dovrebbero avere l'umiltà di studiare, conoscere il passato. Incontro ragazzi che mi fanno sentire promo in inglese e mi chiedono di farli andare in tivù. Ma la conosci “La montanara” o “Marina”? No? Allora imparala e poi ci sentiamo». E i reality? «Sfornano artisti non all'altezza, senza gavetta alle spalle: devono prima crearsi un repertorio. Io ho iniziato alla Dreher, e non è facile catturare il pubblico di una birreria. Per attirare l'attenzione facevo anche finta di cadere. Ci vorrebbe un'altra Dreher per i giovani che vogliono mettersi in mostra». Il segreto di un brano di successo? «Non c'è una regola particolare se non quella del buon ascolto. Dev'essere facile e cantabile. Molti autori non hanno capito che fare comizi a tempo di musica non serve, perché il testo è così preponderante da rendere superflua la musica. Invece la canzone è costruita da musica e parole indivisibili, dove le parole devono avere una certa musicalità e la musica deve adattarsi al testo. Un esempio? “Non illuderti mai” dove si ripetono 12 mai. Alla lettura risulta incomprensibile, ma cantata è un piacere sentirla. L'ascoltatore non deve avere complicazioni, invece molti nuovi cantautori vogliono imporre. Non concordo con chi produce dischi rivolti solo a un gruppetto di intellettuali». Battisti voleva imporre? «No, lui era uno bravo nel fare le canzoni, solo che non era compreso».
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Nel repertorio che Pilat presenterà dal vivo, evergreen come "Quanto è bella lei", "Vino amaro", "Alle porte del sole", insieme a qualche pezzo di Celentano e naturalmente ad alcuni classici del folk triestino, da “L'omo Vespa” a “El finanzier” fino a “El Tram de Opcina”. Ma anche pezzi nuovi tratti dall'ultimo cd. Pilat è da poco sul mercato con la sua ultima produzione, “Voio far el Sindaco” (inciso sulla sua etichetta Poor cow e stampato solo in cd). Perchè questo titolo? «E' una provocazione, per accentrare l'attenzione su di me affinché si continui a seguire la tradizione triestina».
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