L’Ordine dei medici suona cinque allarmi sulla sanità triestina

Pronto soccorso, decollo dei Cap, ricambio generazionale, rapporto fra ospedale e medico di base, reparti in affanno
Claudio Pandullo, cardiologo 62enne, rieletto per la quarta volta alla guida dell’Ordine dei medici triestino, quasi vent’anni di incarichi nell’autogoverno categoriale, ritiene di aver qualcosa da consigliare ad Adriano Marcolongo, che si è insediato da pochi mesi alla direzione dell’Azienda sanitaria e con il quale non ha avuto ancora occasione di colloquiare. E spera che la voce della “corporazione” possa essere ascoltata - cosa non sempre avvenuta - nel quadro di una profittevole collaborazione con la sanità pubblica.


Apre così quella che giudica essere l’agenda delle priorità e sistema gli argomenti forti su un pentagono di cinque allerte. «Evitare intasamenti al pronto soccorso con l’eventuale attivazione di un ambulatorio per i cosiddetti “codici bianchi”. Accelerare il decollo dei Cap (centri assistenza primaria,
ndr
), ancora piuttosto lenti. Incentivare e intensificare il rapporto tra ospedale e medico di famiglia: non basta una lettera, bisogna parlarsi, perché - per motivi di privacy - il collega di base non può accedere ai
file
nosocomiali del paziente».


«Assicurare alla sanità triestina - insiste Pandullo - un ricambio su standard qualitativi alti: si va verso un avvicendamento generazionale e bisogna guardare al futuro, verificando le necessità, poiché mancano i medici di famiglia e i pediatri. Affrontare il sovraffollamento dei reparti di Medicina, dove si lavora con organici sottodimensionati, sia per i medici che per il personale infermieristico».


Pandullo non cerca la rissa con la Regione ma non può esimersi dal sollevare più di una perplessità sulla recente riforma. «Si è decisa la chiusura di posti-letto senza mettere a punto alternative al ricovero, soprattutto degli anziani. Non è stata impostata un’adeguata educazione sanitaria per governare l’afflusso al pronto soccorso». «Il paziente è cambiato rispetto al passato - riprende il presidente dell’Ordine -, si può campare a lungo affetti da patologie concomitanti, come l’ipertensione, il diabete, l’artrosi, l’insufficienza renale ...».


Eppoi l’invadenza - un problema per la verità non solo regionale e nazionale - di una «burocrazia indaginosa». «Va molto tempo nella liturgia informatica di esami, certificati, esenzioni - commenta Pandullo -, studiare 11 anni della propria vita per poi compilare moduli, senza aver agio di aggiornarsi, crea frustrazione tra i medici». E questa informatica seguita dall’Insiel - attacca ancora - «francamente inadeguata», come dimostra anche la difficoltà di dialogo tra medico di base e collega ospedaliero prima accennata.


Insomma, il medico triestino chiede al pubblico interlocutore, sia esso la Regione o l’AsuiTs, «di non trovarsi di fronte al fatto compiuto, ma di poter contribuire al processo decisionale in materia sanitaria». «Lo definirei - insiste Pandullo - diritto all’ascolto. Ci hanno accusato di voler mantenere i nostri presunti privilegi, in realtà siamo noi medici a quotidiano contatto con liste d’attesa, ticket, modalità di pagamenti. Siamo il front-office sanitario, perché con i pazienti parliamo noi, non i politici e i burocrati». L’Ordine organizza 2104 professionisti, il 75% ancora attivo.


Ma non è sempre corpo-a-corpo con le pubbliche istituzioni. «Quando l’assessore Telesca - riprende Pandullo - ci ha chiesto una mano, per esempio sui poli vaccinali, siamo stati disponibili». È favorevole alla grande ristrutturazione di Cattinara e al trasferimento del Burlo.


In chiusura solleva un problema, non ancora eclatante nella statistica ma preoccupante nella prospettiva: i giovani medici cominciano a espatriare. Finiscono di formarsi ultra-trentenni, l’assorbimento ospedaliero è lento, le paghe iniziali basse (poco oltre i 2mila euro). «Abbiamo una cinquantina di neo-iscritti all’anno, 5-6 se ne vanno, in genere verso Francia, Belgio, Germania. Regaliamo buona qualità che è costata alle famiglie e alla comunità una media di 150mila euro cadauno: che spreco».


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