L’Ordine dei medici boccia la riforma della sanità
La doccia gelata è un documento che porta la firma della Federazione regionale degli Ordini dei medici, chirurghi e odontoiatri di tutte e quattro le province del Fvg. Sono i dottori stavolta - dunque chi è ogni giorno in prima linea nelle corsie degli ospedali - a bocciare categoricamente la riforma della Sanità preparata dalla giunta. L’analisi è stata inviata alla Terza Commissione.
Dopo le audizioni dei giorni scorsi con gli enti locali e i direttori generali toccherà anche ai medici essere sentiti in piazza Oberdan. L’appuntamento è in agenda proprio oggi insieme a infermieri, farmacisti e altre rappresentanze professionali. L’assessore Maria Sandra Telesca non avrà gioco facile per difendere la sua legge, visto che i segni rossi sulla norma sono visibili un po’ dappertutto. La Federazione critica il sistema dei finanziamenti, l’organizzazione e le modalità di attuazione del futuro provvedimento. In una parola: tutto. La categoria, certo, riconosce la necessità di una riforma complessiva, a maggior ragione davanti alle indicazioni nazionali contenute nel “Decreto Balduzzi” o dai cambiamenti attesi nello scenario sociale e demografico complessivo del Paese che prevedono nei prossimi decenni un incremento vertiginoso della popolazione anziana, dei non autosufficienti e delle persone con disabilità. Ma l’impianto messo a punto dalla giunta viene definito «ambizioso negli obiettivi finali», che richiedono «un’attenta gradualità». Siamo davanti «a una rivoluzione culturale» che ha bisogno della «partecipazione» di tutti i professionisti.
Fin qui gli auspici e le sottolineature di rito. L’affondo arriva man mano che si scorre il documento: dopo un generico richiamo ad approfondire l’impatto sulle acuzie, mediche e chirurgiche, dell’incremento degli over sessantacinque, dei polipatologici e dei disabili, la Federazione passa al sodo. Servirebbe, si legge nel testo, «un’adeguata simulazione degli effetti finanziari delle azioni previste sulle strutture territoriali ed ospedaliere nelle diverse aree regionali», è l’altolà. Da questo punto di vista «non è chiara la logica del finanziamento per acuti e cronici». I medici sono preoccupati non solo della sostenibilità economica della riforma, ma anche della gestione dell’intero sistema: «Non è chiaro chi eserciterà il ruolo di valutazione e controllo e quello di programmazione», è l’accusa. «Sembra scomparire un ruolo centrale di governo, che viene delegato alle nuove organizzazioni - rileva la Federazione - separate giuridicamente, ma che incidono sugli stessi percorsi in modo trasversale ma gestionalmente autonomo. Alla molteplicità di enti territoriali e alla diversità di contenuti dei presidi ospedalieri, nonché all’intersecarsi di diversi piani organizzativi difficili da riportare ad unità, è connesso il timore di effetti non positivi sull’equità territoriale». La revisione dell’assetto ospedaliero e delle strutture territoriali, inoltre, «sembra mostrare ancora una disomogeneità nella distribuzione delle risorse sanitarie».
Non finisce qui. I medici cestinano anche il procedimento stesso di attuazione della legge: in particolare l’iter, «solo vagamente intuibile». Nel merito, desta incertezza il passaggio di risorse dagli ospedali alle aziende territoriali, nelle tempistiche e nell’erogazione dei servizi, «benché sia evidente che la necessaria gradualità di applicazione, legata anche alla complessità amministrativa delle procedure riorganizzative, prevede scenari di medio-lungo periodo». Il pericolo è che i pazienti vengano privati di riferimenti certi. «Un preventivo smantellamento di funzioni e strutture ospedaliere per finanziare poi la ristrutturazione del territorio desta, come detto, il timore di tagli effettivi, seppur temporanei, della presa in carico e dell’erogazione di servizi», ammoniscono i medici. «Ciò è pesante in una fase di aumento di incidenza delle riacutizzazione dei pazienti cronici». Infine i doppioni: anche in questo caso la giunta non sarebbe intervenuta nei reparti e nelle funzioni che davvero pesano nei costi e nell’organizzazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo