L’oratorio di San Giovanni “ingoiato” da un cantiere

Lavori iniziati nel 2010, oggi sono sprangate le porte del punto di aggregazione per i ragazzi del rione. Il campetto e le sale inagibili. Ora è un covo per i balordi

I lavori di ristrutturazione iniziarono nel 2010 e con essi, l’incuria dell’oratorio Pio XII di San Giovanni. Il cancello è sbarrato da quasi un mese e, dietro al guardiano di ferro, si nasconde il degrado. Il cortile affonda nella sterpaglia, le altalene e i scivoli-fantasma sono lasciati al macero, la muffa mangia il fondale, ormai prosciugato, di un delizioso stagnetto in pietra. Il campo di calcio, dove un tempo giocavano i ragazzi dell’Esperia, è una palude di fango e ghiaia e le reti delle porte contano più buchi che corde. Non basta.

Narrano che nell’oratorio entri teppaglia la notte, disseminando cocci di bottiglie e spazzatura di chissà quali baldorie. L’anno scorso, approfittando dell’assenza di un custode che ancor oggi non c’è, venne incendiato un cassonetto delle immondizie.

Per ora, con l’oratorio di via San Cilino – unico luogo di aggregazione per bambini del rione – sono morti anche il centro estivo e la sagra di quartiere che si tenevano in loco.

Il cantiere, finanziato dalla Regione, aprì i battenti con il rifacimento del tetto di una sala del cortile. Più i lavori avanzavano verso il campo di basket, più i bambini si vedevano soffocare lo spazio di gioco e crescere la pericolosità della zona. Oggi le transenne hanno ingoiato metà dello stesso campo di pallacanestro e il sito non risulta sicuro, poiché, per essere tale, necessiterebbe di pannelli e non solo della rete di delimitazione.

Le operazioni sono proseguite con la demolizione di una palazzina di due piani (la biblioteca rionale che conta un tesoro di circa novemila volumi, ora stipati nel magazzino della parrocchia) che non poteva essere ristrutturata, perché non adeguata alle norme sismiche vigenti. Il piccolo edificio dovrebbe essere riconsegnato a fine 2014, ma non è certo.

Mentre la ruggine avanza, numerose famiglie denunciano l’enorme handicap di San Giovanni: in un rione di quasi novemila anime, non esiste nessun altro spazio dove portare i figli a svagarsi. «Ho un bambino di 10 e una bambina di sei anni – lamenta Rosetta Rossi – e i luoghi più vicini dove possa accompagnarli, sono il giardino pubblico e il parco di Villa Revoltella.

Perciò sono costretta a spostarmi in auto o con i mezzi pubblici. Una mia amica – aggiunge la donna – è madre di una figlia di un anno e un figlio di tre. Il suo disagio è ancora più grande, visto che il regolamento prevede che i passeggini vengano chiusi sui bus. Data l’età dei due bimbi, è evidente che portarli al parco da sola diventi una missione quasi impossibile».

Eppure, in passato, qualcuno provò a muovere le acque. Bruno Rossetti, ex consigliere circoscrizionale e comunale, oggi ne parla con amarezza: «Avevamo tante idee per dar vita a un nuovo punto di aggregazione per le famiglie, una su tutte, il cortile della scuola media slovena di via Caravaggio. Purtroppo, solo alcuni sopralluoghi, senza mai avanzare una richiesta ufficiale».

La memoria storica dell’oratorio di San Giovanni s’incarna in Rita Lepore, 61 anni, per 20 volontaria al Pio XII che frequentò da piccola. Il sacerdote dell’epoca, don Renato Crepaldi buonanima, le domandò di collaborare con la parrocchia. Rita prestò servizio ogni giorno dietro al banco del bar, ma, con l’apertura del cantiere, le giornate si ridussero a tre, a una e - quando il cancello sprangò l’entrata dell’oratorio - a zero. Così, dopo aver visto crescere innumerevoli generazioni di bambini e aver prestato le proprie mani a un servizio che le riconosce l’intero quartiere, l’avventura della signora Lepore pare sia tramontata per decisioni prese altrove.

San Giovanni è uno di quei pochissimi quartieri dove respiri ancora il profumo rionale. La gente ti saluta per strada, si ferma a chiacchierare e i suoi figli domandano solo uno spazio dove giocare e divertirsi.

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