Lopalco: «In classe ci si contagia. Studenti a casa fino a fine aprile»
ROMA Ha il tono del “ve l’avevo detto”, Pierluigi Lopalco, epidemiologo e assessore alla Sanità della Regione Puglia. Da mesi, in tandem con il presidente Michele Emiliano, insiste sulla necessità di limitare la didattica in presenza, di tenere a casa quanti più studenti possibile. «Ora anche quelli che dicevano che la scuola è sicura e non è un luogo di contagio cominciano a tentennare o a ricredersi – dice – bisogna prendere atto che, con questo quadro epidemiologico, con l’impatto di queste varianti, insistere sulle lezioni in classe è troppo rischioso».
Anche gli esperti del Cts sembrano essersi convinti…
«Mi sembra abbiano dato un’indicazione di buon senso. Fissare una determinata soglia di incidenza dei contagi, a prescindere dal colore, oltre la quale debba scattare lo stop alla didattica in presenza è un passo avanti. Continuare a regolarsi con l’indice Rt, che è un indicatore molto tardivo, significa rincorrere sempre il virus. Non bisogna aspettare di finire in zona rossa per fermare le lezioni in classe, noi l’abbiamo fatto pur essendo in zona gialla».
Sul reale impatto della scuola, in termini di contagi, non c’è una valutazione condivisa da parte della comunità scientifica. Perché?
«Perché il nostro dibattito dovrebbe basarsi su numeri certi, su evidenze scientifiche che non ci sono, né in un senso né nell’altro. In piena pandemia non c’è la possibilità di fare studi completi, con parametri stabili, anche se ne ho appena letto uno che arriva dagli Stati Uniti piuttosto chiaro in merito».
Cosa dice?
«È un’indagine svolta ad Atlanta che dimostra come nelle comunità dove l’intensità di circolazione virale è alta, le scuole rappresentino un volano di contagio. Hanno analizzato piccoli cluster, monitorando lo sviluppo del focolaio, con il virus che passa tra gli studenti, o dallo studente al docente, e poi viene portato a casa in famiglia».
Sta succedendo anche da noi?
«Basta un po’ di buon senso e un minimo di esperienza epidemiologica per capirlo, con criticità irrisolte all’interno delle scuole, nonostante i protocolli sanitari: la scarsa attenzione all’igiene di bambini e ragazzi, il servizio mensa, l’uso disinvolto delle mascherine. E poi il fattore di rischio principale, la mobilità legata alla scuola, milioni di persone coinvolte. È dimostrato che riducendo la mobilità si riduce la circolazione del virus».
Quindi la soluzione è tenere gli studenti a casa?
«Sì, per quanto possibile, salvaguardando i più fragili e con particolari esigenze. Ma è una scelta tristemente necessaria, oltre che impopolare: io ed Emiliano ci saremmo evitati molte critiche e fastidi, per ogni ordinanza finiamo davanti al Tar, con ricorsi presentati da associazioni o gruppi di genitori, le assicuro che non è semplice».
Crede che ci sia un approccio ideologico a questo problema?
«Penso di sì, non c’è serenità di dibattito, nessuno cerca di sminuire l’importanza della didattica in presenza, ma è fondamentale spiegare la scelta della Dad, legandola a una strategia, in particolare alla campagna vaccinale per il personale scolastico».
È la chiave per uscirne?
«È un passaggio cruciale. Noi abbiamo deciso di dare massima priorità a docenti e operatori scolastici, una platea di 100mila persone: useremo solo per loro il vaccino AstraZeneca e puntiamo a immunizzarli tutti entro la metà di marzo. Ci sono anche alcune migliaia di over 65 per i quali dovremo mettere da parte dosi di Pfizer o Moderna. L’obiettivo è proteggerli tutti per ragionare poi sul ritorno in classe».
Quindi, dal 15 marzo, in Puglia riprenderete la didattica in presenza?
«Ci sarà una valutazione, anche alla luce delle indicazioni contenute nel Dpcm, a cui potremo fare riferimento. Temo, però, che da qui a due settimane la situazione epidemiologica possa peggiorare in modo evidente. Il rischio che i ragazzi si infettino tra loro, portando poi il virus a casa, resta. A prescindere dalla vaccinazione degli insegnanti. Fosse per me manterrei la didattica a distanza prevalente fino a fine aprile».
Intanto è d’accordo sul riaprire cinema e teatri?
«Gli spettatori di un teatro non si comportano come una classe. Il rischio di contagio è ridotto». —
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