L’ombra dei titoli Mps sulla fondazione Carigo

Acquistati nel 2008 per 3 milioni oggi ne valgono uno I vertici tranquillizzano: «Nessuna ripercussione sui finanziamenti»
Di Francesco Fain
Bumbaca Gorizia 14_08_2010 - Edificio Fondazione CaRiGo - Foto di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 14_08_2010 - Edificio Fondazione CaRiGo - Foto di Pierluigi Bumbaca

Si chiama “Fresh”. Gli italiani hanno imparato a conoscerlo “grazie” alle cronache economiche e giudiziarie. Si tratta del bond emesso dal Monte dei Paschi di Siena nel 2008, all’epoca dell’acquisto di banca Antonveneta da parte dell’istituto di rocca Salimbeni, oggi al centro di una bufera finanziario-giudiziaria di enormi dimensioni. Si sapeva che il 49 per cento delle quote del Fresh (la sigla sta per Floating rate equity-linked subordinated hybrid preferred securities) le sottoscrisse la Fondazione Monte dei Paschi. E il restante 51 per cento delle obbligazioni senesi? Che fine hanno fatto? Se le sono divise altri enti e altre Fondazioni italiane, fra cui (e qui sta la notizia) la Fondazione della Cassa di risparmio di Gorizia. La tranche acquistata ammontava a 3 milioni: oggi, dopo la bufera, ne vale uno soltanto. La minusvalenza è pari a due terzi.

Logico e comprensibile che l’uomo della strada si chieda: che tipo di ripercussioni avrà quest’operazione (purtroppo andata male) sui finanziamenti che, ogni anno, la Fondazione mette a disposizione di enti e associazioni cittadine? A sentire il presidente Franco Obizzi, le conseguenze saranno pari a zero. «Quest’investimento non avrà alcun effetto economico - scandisce chiaramente il numero uno della Fondazione -. È un titolo immobilizzato e non si ripercuoterà sulle erogazioni che ogni anno facciamo a favore dell’Isontino. A suo tempo lo acquistammo perché si trattava di un investimento molto interessante. Il rendimento pari all’Euribor a tre mesi era di “+4,25%”. Inoltre, la stessa operazione è stata effettuata da diverse altre fondazioni italiane. Che dire? Dovrebbe esserci la possibilità di vendere i titoli sul mercato secondario ma le ultime transazioni sono avvenute a livelli davvero molto bassi. Lo teniamo e aspettiamo tempi migliori». Obizzi ricorda che per i primi tre anni, la Fondazione ha ottenuto anche un buon “bagaglio” di interessi: ciò permette di rendere meno amaro il boccone.

«Sì, si tratta di un milione di euro che abbiamo incamerato in questi anni - fa eco il segretario generale della Fondazione, Giuseppe Bragaglia -. L’obbligazione la acquistammo nel 2008, assieme ad altre fondazioni italiane. Ci fu consigliata dal nostro advisor. Le valutazioni che vennero fatte erano basate su elementi molto concreti: si trattava, e si tratta, della terza banca italiana e il rendimento era decisamente molto interessante. È chiaro che con il senno di poi si può dire che quest’operazione si è rivelata assai più rischiosa di quanto avevamo previsto ma non è il caso di fasciarci la testa». Perché? «Perché riteniamo che il titolo, così come la banca, abbia buone capacità di recupero: c’è una forte fidelizzazione della clientela e pensiamo che l’obbligazione possa riprendere quota. Intanto, abbiamo tenuto le obbligazioni fra i beni immobilizzati».

Bragaglia ribadisce, pertanto, che non ci saranno influssi sulle normali erogazioni. «Un altro dato permette di inquadrare la situazione: questo investimento rappresenta l’1,5 per cento del patrimonio finanziario complessivo della Fondazione Carigo. Capite, dunque, che la proporzione è minimale». Il segretario generale aggiunge un altro particolare decisamente molto tranquillizzante. «Il nostro ente ha un “fondo di stabilizzazione” come garanzia. Cosa significa in termini comprensibili a tutti? Che per un anno e mezzo potremmo anche avere reddittività zero non sull’1,5 ma sul 100 per cento del nostro patrimonio finanziario complessivo e riusciremmo a garantire il normale flusso (più o meno tre milioni l’anno) di finanziamenti all’Isontino».

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